n.65- Scegliere oggi l’agricoltura
- da “Agricoltura contadina e lavoro giovanile -Ruolo pedagogico delle fattorie didattiche e sostenibilità ambientale”- Presentazione di copertina del volume della prof. Carla Xodo - Dipartimento della FISPPA ( Filosofia,Sociologia,Pedagogia e Psicologia applicata) Università di Padova - Studium ,2019
-«Sostenibile» è uno degli aggettivi che da tempo egemonizza molta saggistica e chiama in causa temi come l'inquinamento, la vivibilità nei grossi conglomerati, il degrado delle periferie, il costante deterioramento dell'ambiente incapace di resistere all'aggressione di un progresso appiattito sul profitto e sulla ricchezza.
Seppur lentamente, si sta facendo strada l'idea che si debba voltar pagina per lasciare alle future generazioni un bene, il Pianeta, di cui abbiamo goduto, ma che abbiamo ricevuto in prestito dalle generazioni passate per riconsegnarlo a chi verrà dopo di noi. Il tempo stringe, ma abbiamo a disposizione un patrimonio da spendere, la cultura, intesa nella sua più ampia accezione.
Solo una piena consapevolezza del problema e la volontà di metterci alla prova potrà farci risalire la china. Il primo, forse l'unico vero destinatario di queste scelte epocali è la natura, dapprima considerata nemica, ora paradossalmente vittima dell'uomo. Ma la natura siamo anche noi, che abbiamo il potere di cambiare le regole del gioco. Per far ciò non possiamo più fare affidamento solo sulla tradizione e il buon senso.
Urge un salto di qualità, dobbiamo dotarci di un bagaglio di conoscenze scientifico-tecniche adeguate. E da dove cominciare se non dal mondo agricolo contadino? Nella organizzazione lavorativa di una fattoria si trovano le condizioni ideali per una nuova sintesi tra il dire ed il fare, fra teoria e prassi, tra passato e futuro.
Le fattorie agricole possono diventare un centro propulsore di cambiamento culturale, luoghi dove sviluppare un'imprenditorialità intelligente, legami socio-comunitari, servizi educativo -formativi e soprattutto una produzione alimentare alternativa, ponendo come prioritario il nostro benessere attraverso la salvaguardia dell'equilibrio ecologico del Pianeta.
In questo contesto di riscoperta delle potenzialità del lavoro agricolo (multifunzionale) trova un leva necessaria la pedagogia per aggiornare una propria branca definita «pedagogia del lavoro», succube finora se non appiattita sulle teorie della formazione, di stampo prevalentemente psico-socio-economico.
Molte sono le questioni affrontate in questo ampio saggio - la storia, la tecnica, la co-produzione, la biodiversità, l'equilibrio dell'ecosistema ecc. - ma la questione che più ha guidato queste riflessioni è legata all'auspicio che, cominciando a ragionare in questi termini, si aprano nuove prospettive occupazionali per una generazione indifesa di giovani senza futuro, cui abbiamo sottratto, con il lavoro, un'occasione irripetibile di autoconoscenza e maturazione personale nel contatto davvero formativo con la realtà materiale, umana e sociale".
Dora- La lettura di questo straordinario libro della prof. Xodo,grande e indimenticabile collaboratrice dell’attività di ricerca e di pratica educativa dell’associazione culturale Famiglia Aperta,così ricco di dottrina e ,insieme,di concretezza pratica, in un campo,quello del lavoro agricolo in cui non ho mai avuto alcuna esperienza di vita, mi ha interessata fino all’entusiasmo.
Vi ho scoperto la risposta a tanti bisogni giovanili del nostro presente, così buio di sogni e bloccato di voli, e una risposta moderna a tante esigenze,nascoste e inespresse. E ho deciso di presentare a tutti l’opportunità di conoscenza e di riflessione di questo progetto ideale con tre semplici domande:
1-Abbiamo chiara la differenza tra lavoro industriale e lavoro agricolo?
2-Conosciamo qualche fattoria agricola sul nostro territorio di vita?
3-Abbiamo esperienza diretta di qualche fattoria caratterizzata da vera sostenibilità ambientale?
Il 5 giugno ricorre la Giornata mondiale dell’ambiente. Si celebra per sensibilizzare alla tutela dell’ambiente nel quale
viviamo e che peggiora sempre più ,per cercare di consegnarlo migliore alle generazioni future. Tema di quest’anno:
”Ripristinare gli ecosistemi”.
Dora - Manca il punto interrogativo al titolo di questa sessantacinquesima conversazione a distanza, e tuttavia, il clima di piena libertà espressiva garantita in sette anni di attività del nostro blog ,mi ha rassicurata sul fatto che ogni partecipante potesse dire la propria esperienza con facilità.
La prima domanda è certo molto stimolante: una domanda che forse non ci siamo mai posti in profondità,anche perché non siamo una squadra di giovani, se pur tutte persone aperte all’innovazione e sensibili alla bellezza. Con esperienze di lavoro diverso.
Avremo bisogno pertanto dei chiarimenti e delle precisazioni di alcuni studiosi,soprattutto della prof. Xodo, che è docente anche di Pedagogia del lavoro oltre che di Pedagogia generale, nell’Università di Padova, e che ci illumina la strada del confronto..
1 –Quale differenza tra lavoro industriale e lavoro agricolo?
( da C. Xodo- in Agricoltura contadina e lavoro giovanile- ed. Studium 2019)
“ La peculiarità del lavoro contadino”, secondo lo studioso russo A. V. Cajanov ,che ha studiato il mondo contadino viaggiando per l’Europa , ma soprattutto percorrendo le campagne della Russia, “consiste nella radicalità dei fini fondamentali dell’economia di lavoro e di quella capitalistica … Scopo dell’azienda contadina di lavoro consiste nel fornire i mezzi di sussistenza alla famiglia conduttrice mediante il più ampio e razionale impiego possibile dei mezzi di produzione di cui dispone e delle forze di lavoro della famiglia stessa … Scopo dell’azienda non di lavoro consiste nel più completo impiego del capitale investito in azienda: in altri termini,nel conseguimento del massimo profitto su questo capitale”.
Di conseguenza,il criterio economico con cui viene calcolato il profitto dell’azienda contadina è profondamente diverso rispetto a quello capitalistico. Nel secondo caso è misurato in termini contabili,mentre nel primo caso si basa sulla “correlazione tra il grado di soddisfazione del fabbisogno della famiglia conduttrice e la pena dei lavori effettuati.”
Significa che l’economia contadina non dipende dal mercato, e per questo non rincorre il profitto,ma dà precedenza alla soddisfazione del bisogni familiari.
Siccome lo scopo dell’affittanza non è l’ottenimento del profitto nel senso del capitale, ma la necessità di aumentare i mezzi di sostentamento della famiglia con l’impiego della sua” forza lavoro che non trova occupazione” si è disposti a lavorare anche in perdita, dentro la famiglia o all’esterno, con “occupazioni ausiliarie”, “lavori artigianali e simili”, “in terreni presi in affitto a somme che superano notevolmente la redditività di queste terre.
Semplificando, quella contadina è definita economia di lavoro perché esso è l’unica risorsa cui si ricorre nei frequenti momenti di bisogno. Il lavoro su cui si fa leva,si configura come un dovere, un dono offerto per soddisfare esigenze primarie,non un’offerta al mercato di competenze lavorative come merce da vendere per ricavare un utile maggiore. Se la resa della terra non basta,va integrata con quella del bestiame, aggiungendo alla coltivazione l’allevamento e,se del caso, variando anche le specialità,integrando gli animali da stalla con quelli da cortile, senza sindacare sul lavoro da svolgere.” (pagg.22/23)
“Nel lavoro contadino vi è anche un giacimento di sapienza pedagogica, ancorché non evidente prima facie . Esso infatti esprime una profonda forza educativa,un mix dove gli aspetti materiali incontrano e s’intrecciano con aspirazioni morali. L lavoro dei campi,è sì una scelta di necessità, -l0obbligo di provvedere al proprio sostentamento- ma insieme è anche una scelta di libertà e di autenticità, attraverso cui desideri ed aspirazioni si liberano dall’asfissia del profitto ad ogni costo,, spesso unico regolatore della nostra esistenza, e restano attratti da valori immateriali. …
Ci si chiede: perché il valore di scambio viene posto all’ultimo gradino della nostra scala di valori?Perché lo scambio avviene con merci che possono essere vendute ed acquistate e che,per questo, hanno un valore relativo. Diversamente,i beni non possono essere venduti e acquistati,
perché ,avendo valore in loro stessi, sono senza prezzo, ed in quanto tali,possono essere apprezzati solo dopo essere stati sperimentati. L’esperienza di libertà e di autonomia possibile nel lavoro agricolo è un bene che può essere solo provato,non oggetto di scambio …
Si è parlato di paradigma del lavoro agricolo -contadino in forma ideal tipica. Nella realtà però,le cose vanno diversamente. Difficile incontrare il modello contadino in forma pura ,incontaminata. Modalità di agricoltura diverse, come ad es. quella industriale, si insinuano nei processi contadini, producendo commistioni varie che finiscono per alterarne l’originaria impostazione. E’ possibile parlare, dunque,di gradi diversi di “contadinità”.(pagg.41/43)
2 e 3 -Conosciamo qualche fattoria agricola presente sul nostro territorio di vita?è anche sostenibile?
P.C. prov. di PV- Essendo lomellina di nascita ,conosco bene la realtà della nostra agricoltura, che è basata soprattutto sulla coltivazione del riso e del granoturco. Fin da piccola ho sempre frequentato la fattoria della mia amica Cristina, mia coetanea, purtroppo già prematuramente scomparsa. Assieme vivevamo nel tempo libero una vita rurale basata su quello che era il lavoro della fattoria: la mungitura delle mucche, la raccolta delle uova, nei punti dove le galline le depositavano, la pulizia dell'aia, e poi … anche grandi capriole sugli imballaggi di paglia che venivano utilizzati come cibo per gli animali erbivori ...
Tra i cagnolini che zampettavano nel cortile, i gattini che miagolavano sui tetti, di fronte a un magnifico pavone che faceva la ruota, passavo dei meravigliosi pomeriggi che mi davano tanta serenità interiore , che è già la dimensione del rispetto di questo dono così grande che la natura mi offriva e continua a offrirci ogni giorno.
Il mio lavoro di fisioterapista mi porta spesso negli ambienti domestici, talora ,sempre più spesso in alcune fattorie del territorio,dove, oltre a riscoprire i sapori di una volta, noto un dinamismo anche dei componenti delle famiglie:nonni,genitori,bambini,adolescenti ,tutti collaborano assieme in quelle che sono le varie attività che una fattoria comporta. Per es. la coltivazione del foraggio per gli animali. Il coinvolgere le nuove generazioni nel rispetto e nella conoscenza di ogni attività agricola da parte dei genitori, l’alimentare nei figli la partecipazione dei compagni di scuola e degli amici a questa didattica agricola, oltre ad entusiasmare a livello di energie motorie, apre le zone creative della mente,con scambi di idee geniali,per progetti futuri meno faticosi,è già presa di coscienza di una possibile vita più serena e sostenibile.
Proprio attraverso il mio condividere con passione qualcuna di queste attività sono riuscita ad avere dei piccoli contatti con bambini e adolescenti che presentano patologie piuttosto gravi,come l’autismo. Ho notato come l’inserimento in questi meravigliosi ambienti ameni e il coinvolgimento di questi pazienti con gli animali,soprattutto i cavalli, dia veramente risultati sorprendenti,sia a livello motorio che di comunicazione col mondo circostante. Anche nelle Case di riposo dove lavoro, seppure ancora timidamente si comincia ad attuare la Pet Therapy, cioè l’introduzione di piccoli animali come cani ,gatti per rendere più piacevole e stimolante l’istituzionalizzazione dell’anziano … Vado pensando però che il mondo potrà essere veramente sostenibile se ognuno di noi uscirà dal proprio guscio per andare incontro all’altro, e per condividere,se pure con fatica,non tanto l’opinione dell’altro ma tutto quanto la persona dell’altro rappresenta.
G.C. –Parma- Molti studiosi ritengono che non vi siano ormai reali distinzioni fra lavoro agricolo e lavoro industriale, dato che l’agricoltura si è fortemente industrializzata, si avvale sempre più di macchine, usa in larga misura i concimi, riesce ad effettuare i raccolti con sofisticasti congegni,e così via. Resta tuttavia,a mio avviso, una differenza fondamentale: nonostante tutto,il lavoro agricolo mantiene un rapporto diretto con la natura che in altri ambiti di lavoro si è andata completamente smarrendo. Nelle società industriali avanzate il lavoro agricolo sarà inevitabilmente marginale ( quanto al numero degli “addetti al lavoro”),ma nello stesso centrale perché da quelle attività si ricavano sostanze necessarie alla vita.
Facendo qualche giro in campagna in bicicletta con figli e nipoti,ho avuto modo di vedere alcune fattorie assai attente alla tutela dell’ambiente, e che consentono a quanti le visitano (molte sono le scolaresche che le visitano) di rendersi conto del fatto che l’”attuale modello di sviluppo” non è irreversibile,ma può essere controllato e modificato.
Resta tuttavia il fatto che,sotto il profilo economico,queste fattorie sono inevitabilmente svantaggiate e restano,dunque, “realtà di nicchia” ( e tuttavia da incoraggiare ed anche da sostenere economicamente, almeno con sgravi fiscali) .Importanti tuttavia per farci comprendere che “ un altro mondo è possibile” e che sarà inevitabile,prima o poi “tornare alla natura”,ovviamente pagandone il prezzo,per non rischiare di diventare ospiti di un pianeta ormai invivibile.
F. S. – Milano- I miei ricordi delle campagne calabresi sono lontani nel tempo. Non ho mai fatto esperienza alcuna di agricoltura, né di tipo contadino né di tipo industriale. Non ho neppure il tempo o la curiosità di conoscerla da vicino. La professione mi divora … Eppure, molte volte vorrei fuggire dal clima malsano della città dove abito da decenni e andare a respirare ogni giorno, dalle prime ore del mattino, in un luogo silenzioso e profumato, di collina o di mare. Certo,con la mia famiglia e,magari,con un gruppo di amici ….Forse perché sogno la pensione?.
R. S. – Roma - La cultura del lavoro industriale,è sempre stata presente nella storia della mia famiglia. I primogeniti, (mio fratello e il suo primo figlio) sono ingegneri e, come mio padre,si sono occupati per lavoro,della progettazione di impianti industriali di molini e pastifici,industria indissolubilmente legata alla produzione agricola del grano. Materia prima,oggi coltivata con tecnologie sempre più sofisticate,per avere prodotti innovativi, realizzati con conoscenze tecniche e scientifiche sempre in evoluzione. Oggi però necessitano scienziati,che promuovano una agricoltura biodinamica e occorre tornare a pensare la natura e il nostro territorio come alleato,alla scoperta della linfa vitale delle nostre radici ,e pensare una nuova cultura del lavoro contadino.
Non ho conoscenza e esperienza diretta di fattorie agricole . Vorrei però segnalare un progetto, quello dell'ECONOMIA CARCERARIA. Il carcere di Rebibbia a Roma ,per i detenuti prossimi alla fine della detenzione è stata pensata una pedagogia del lavoro,che ha come scopo la riabilitazione della persona e l'acquisizione di competenze lavorative da spendere nel mondo lavorativo dell'agricoltura e dell'artigianato. Vengono allevati dagli stessi detenuti animali da cui ricavare le materie prime,che lavorate vengono poi messe in vendita on line come prodotti alimentari,molto richiesti per la loro genuinità. Riporto,qui,il messaggio con cui vengono pubblicizzati i prodotti: “.Perché i prodotti dell'economia carceraria fanno bene .Perché contrastano il tasso di recidiva contribuendo a costruire una società più sicura e con meno reati. Perché le persone coinvolte diventano parte attiva e sana della società. Perché si tratta di un business pulito, virtuoso e solidale che contribuisce alla crescita del Paese.”
G. S. - prov . di Taranto - Nel campo scuola della rete “Bambini, ragazzi e famiglie al Sud” di qualche anno fa abbiamo ascoltato una straordinaria testimonianza presentata dalla Cooperativa Sociale “IL Segno”.
Essa è nata grazie all’intuizione di alcune giovani donne di sviluppare, nell’agro di Fuscaldo, nel cosentino, un'attività agricola a filiera corta, di produzione e trasformazione di ortaggi certificati bio, impegnando giovani e persone con svantaggio fisico e sociale.
Con questo progetto è stato possibile coniugare produzioni di qualità, inserimento lavorativo e crescita imprenditoriale. Si è riusciti, inoltre, a valorizzare beni pubblici inutilizzati, recuperando un fondo abbandonato ed una stazione ferroviaria dismessa.
I prodotti agricoli hanno trovato mercato nel centro/nord d’Italia, attraverso una piccola rete commerciale di Gruppi di Acquisto Solidale, cooperative e privati interessati all’acquisto. Grazie al Fondo Microcredito, finalizzato a finanziare microimprese, le giovani cooperatrici calabresi hanno potuto offrire prodotti assai richiesti in altre aree del Paese.
La Cooperativa Sociale “Il Segno” si colloca, insomma, tra agricoltura biologica, agricoltura sociale e commercio equo- solidale. Un’opinione diffusa coglie in Calabria soltanto segni di disorganizzazione e di ‘ndrangheta. Il realtà ci sono anche segni di speranza, come quello appena presentato. Un segno di nome e di fatto.
M. G. T. - prov. di Genova - Sono figlia di contadini affittuari e ho lavorato in fabbrica. Provo a riflettere sulle mie due esperienze. Base comune non solo in queste due categorie ma in tutti i lavori,la conoscenza di quel che stiamo facendo e la responsabilità per non incorrere in incidenti. Il lavoro contadino però è cambiato molto. Le terre lavorate da mio padre e dai miei nonni erano situate al centro della futura città ,era bello,sano,ma faticoso,senza orari e poco remunerativo, quindi ,dopo la scuola,noi figli siamo stati orientati verso il lavoro in fabbrica,con uno stipendio sicuro. Ricordo mio padre quanto teneva al rispetto delle colture. Le persone che venivano ad acquistare le verdure dovevano rispettare l’ambiente,altrimenti,per essere servite,dovevano aspettare nel piazzale.
Negli anni,il lavoro si è evoluto:la zappa,la vanga, sono state sostituite in gran parte dalle macchine,anche se il lavoro manuale è rimasto prevalente. I proprietari dei terreni dati in affitto hanno fatto spazio all’industria e all’urbanizzazione del territorio. La nuova generazione ha scelto il lavoro in fabbrica. Nella mia zona due grosse fabbriche hanno assorbito le nuove generazioni.
La fabbrica ti garantiva lo stipendio e una vita sicura. Il mondo agricolo si è molto diversificato. Alcuni proprietari terrieri coltivano in proprio,evolvendosi fino a diventare aziende. Non tutte le aziende dei latifondisti sono perfette. L’introduzione delle macchine avrebbe dovuto per es. migliorare la condizione dei mezzadri,invece ha semplicemente sostituito la forza lavoro, lasciando i mezzadri senza lavoro. E la sovrabbondanza di lavoratori ha creato maggiore possibilità di sfruttamento.
Sta però ora sorgendo una sensibilità diversa: compaiono persone che possono comprarsi i campi e su di essi impiantare un nuovo modo di produzione,più consono alla vivibilità propria e degli altri. Sono però sensibilità di nicchia, sempre sottoposte alle ingerenze,anche BIO,delle multinazionali alimentari.
S.D.- prov. di Parma - Una premessa: non esiste una sola agricoltura, ma molte. E' un conto fare l'agricoltore in pianura altro in collina (lascio perdere la montagna), essere proprietari o affittuari o dipendenti, lavorare molti ettari o pochi ettari, allevare bestie o ricavare il reddito solo dal terreno e questo è nudo oppure con alberi. Essere vicini alla città o presso strade ben servite o essere lontani dai servizi cambia la vita. Sono numerose le variabili che incidono sull' organizzazione e la qualità della vita di chi lavora in agricoltura.
In ogni caso per lavorare in agricoltura occorre molta flessibilità e passione, uniti a costanza e metodo. Occorre essere metodici nell'alimentare gli animali, ma flessibili per essere disponibili a risolvere i problemi che loro pongono (parti, malattie ecc.).
Il lavoro industriale nella visione pubblica è più rigido, ma non so se è ancora vero. Credo che il lavoro agricolo somigli a quello turistico: richiede grandi competenze e flessibilità.
Non conosco fattorie didattiche, ma credo che siano una piccola nicchia che si sviluppa dove il clima è piacevole e che necessita di altre attività, ad es. mettere a disposizione i locali e lo spazio per feste, unire alla visita anche la cucina -da fare e da mangiare- per dare reddito. Credo che sia giusto che le fattorie didattiche siano sostenute dagli enti pubblici così come lo è la scuola.
Nella mia zona i giovani che si sono inseriti in agricoltura, avevano già un'azienda, grande o piccola, oppure hanno accettato di essere dipendenti per poi fare scelte personali più ponderate. Pochi ragazzi, molto appassionati di motori, lavorano per i così detti "conto terzisti", perché guidano continuamente motori con attrezzi adatti alle varie coltivazioni nei vari periodi dell'anno. Ad es. in certi periodi arano, in altri trebbiano, in altri ancora guidano macchine che raccolgono pomodori oppure mais ecc.
La sostenibilità ambientale è oggi molto di moda. Sono scettica che si calcolino davvero i costi energetici di ogni scelta. Nella mia zona lavoriamo il terreno da 2 mila anni e questo mi dice che le pratiche colturali adottate sono buone. Se poi oggi per ridurre la manodopera si usa molta energia da fonti diverse, questo migliora la vita, ma credo che avvenga anche negli altri settori. Non mi sento chiamata in causa perché penso che chi prende l'aereo per fare vacanze esotiche e non, sia più responsabile dell'agricoltore.
R.G. - prov. di Pavia – I miei ricordi circa la mia " esperienza contadina " risalgono al tempo in cui trascorrevo dai nonni le mie vacanze estive sulle colline del Monferrato.
L'agricoltura della zona, piuttosto povera fino agli anni 50/60 era prevalentemente formata da frumento, granoturco e vigneti. Tutto era svolto manualmente con l'aiuto di buoi che per la loro forza erano l'unico supporto al contadino del tempo. Tanta fatica, tante ore di lavoro, il ricavato del raccolto era appena sufficiente al sostentamento delle famiglie sempre numerose, nelle quali regnava la gioia e la serenità.
Ero affascinata da quello che vivevo, specialmente nel periodo della vendemmia accompagnata dai canti di coloro che raccoglievano l'uva, che versavano nel grande cassone. Il nonno alla sera rimboccati i pantaloni pigiava l'uva a piedi nudi.....dal grande cassone usciva il mosto profumato e rosseggiante. Per me bambina era tutto affascinante!
Diversi anni dopo che le mie vacanze avevano preso altre vie e sono ritornata in quella realtà, ho capito e toccato con mano che quell'agricoltura manuale era cambiata: una impronta diversa grazie anche ai contributi ricevuti. I buoi scomparsi erano stati sostituiti da moderni trattori, il frumento sostituito dalla segala, i vigneti sostituiti dalle piante di nocciole, oggi molto richieste per l'industria dolciaria. Anche nelle abitazioni, il lume ad olio sostituito dalla luce elettrica, l'acqua del pozzo sostituito dall'acqua potabile, la stufa sostituita dal metano. Oggi parecchi giovani stanno ritornando all' agricolrura dei loro nonni, con formazione e mentalità rinnovata dagli studi e da esperienze in altre nazioni. Sarà compito delle nuove generazioni non tralasciare mai di aggiornarsi e credere con passione che il contatto con la natura non potrà che renderli umanamente migliori!
F. e AM. F .- prov. di Cuneo- Non abbiamo letto il libro della dott.sa Xodo, ma contiamo di farlo, perché il tema ci interessa molto, ma siamo convinti che la sua proposta nasca da una visione critica del sistema capitalistico, ormai dominante in tutto il globo, che impone uno sviluppo continuo, capace di assicurare profitti sempre più consistenti. Il ritorno ad un sistema in cui l’agricoltura, sana e rispettosa dei cicli vitali, fissi il termometro dello sviluppo, costringerebbe ad una vita sociale diversa, a infrastrutture differenti, ad un altro modo di concepire le relazioni.
E’ la Natura che deve fissare i ritmi non tocca all’uomo e alla sua cupidigia.
Dice il Vangelo “…..là dov’è il tuo cuore è il tuo tesoro …..” Se il cuore del sistema economico che ci governa è il profitto, i comportamenti saranno di un certo tipo, se invece verrà posto nello sviluppo ordinato del Creato, il risultato sarà molto differente …..e migliore.
Noi viviamo in una zona, Langhe e Roero, che può ancora essere definita agricola e, spesso, viene portata ad esempio di sviluppo ordinato, ma, con un’osservazione un minimo critica, ci si può accorgere che non è così. Lo spirito che ha guidato la trasformazione dell’agricoltura negli ultimi 50 anni non è rispettoso delle regole dei cicli naturali.
La nostra è diventata un’agricoltura industriale, incentrata su prodotti ad alto valore di trasformazione (uva/vino, nocciole/dolci, fagioli e pomodori/per conservare, ecc).
Le colline sono disegnate da monoculture a lungo andare destinate a scombussolare l’habitat mentre i paesi, ristrutturati, puliti ed ordinati hanno almeno un ristorante a tre, quattro, cinque stelle, dove giungono macchine i cui occupanti si godono il paesaggio, si cibano in modo luculliano e poi ripartono. Non c’è più un negozio, un’osteria, un punto dove incontrarsi …
É vero, peraltro, che spuntano qua e là esperienze di singoli che scelgono di realizzare un sistema agricolo autonomo vivendo di ciò che producono e scambiando tra loro il necessario. Sono esempi significativi costruiti da persone convinte, serene e, perché no? felici ma, fortemente isolate.
Frequentiamo alcune di queste esperienze e quando li pensiamo li riconosciamo come coloro che stanno fornendo le indicazioni su come dovrà riprendere la vita allorché il sistema in cui viviamo avrà soffocato la natura.
Abbiamo colto la voglia di cambiamento in alcuni giovani che cercano una strada personale non riuscendo a trovarla comunitaria: due nostre nipoti, ormai laureate, hanno scelto di dedicare il tempo libero organizzando un piccolo orto su un fazzoletto di terra presso casa. Le vediamo entusiaste di far crescere verdure varie che diventano la loro principale fonte di sostentamento (nel frattempo sono diventate vegetariane e vegane).Crediamo che un ritorno alla Natura ed al suo rispetto potrà portare buoni frutti solo se sapremo dare alle nostre azioni un fondamento importante rispondendo alla domanda: cosa ci stiamo a fare su questa terra?
G. P.- Roma - Nella mia visione idealizzata, più che realmente consapevole, l’agricoltura si contrappone all’industria come uno stile di vita più felice anche se non certo più facile! Nella realtà ho ricercato nell’antica terra della Tuscia viterbese qualche esempio concreto di come giovani imprenditori abbiano fatto questa scelta coraggiosa e un po’ azzardata, a sentir loro.
È il caso di Miriam e Renato Mareschi, ristoratori e produttori di vino di Ischia di Castro (Viterbo) che, partendo dalla tradizione di famiglia, hanno prima deciso di occuparsi di un loro ristorante, poi di ridare vita ad un insieme di piccole e antiche vigne abbandonate. Così parte la loro ricerca e recupero di antiche uve da trattare con modernità ed efficienza, avvalendosi di esperti e di strumenti sofisticati, puntando ad una produzione ottimizzata ma assolutamente naturale, biologica, biodinamica al fine di produrre quello che loro amano definire un vino agricolo!
Ed ecco che tra mille difficoltà la gestione moderna di un’attività antica si trasforma in un’opportunità di lavoro che loro hanno perfezionato, e che ha evitato che lasciassero la loro bellissima e ruvida terra povera di risorse convenzionali ma amatissima, nella sua complessità.
La loro capacità di fare del ristorante “La piazzetta del sole” di Farnese, un ambiente culturalmente accattivante attirando artisti, turisti, modaioli ma anche veri intenditori della qualità, ha premiato il loro lavoro!
L’ambiente agricolo, cronicamente povero di stimoli culturali, può essere visto diversamente se ad occuparsene è chi ha già una preparazione moderna e sa cogliere le opportunità un tempo impensabili!
Dora - Il libero confronto, realizzato questa volta anche a livelli emotivi ,evidenzia la radice profonda del fascino che esercita l”agricoltura contadina” verso ognuno di noi. Forse perché ,riconoscere e coltivare questo sentimento, vuol dire anche coltivare noi stessi: silenzio per pensare,spazio per muoversi,fatica e pazienza di aspettare per avere frutti,piccole comunità per gioire e piangere insieme, bellezza per contemplare, freschezza dei cibi per star bene.
Oggi poi il ritorno alla campagna si accompagna alla volontà di proteggerla. Comincia sempre più chiaramente ad emergere ,nell’opinione pubblica, la consapevolezza che ci sia “un doppio filo che lega l’agricoltura alla salute del nostro mondo, e che, ripensare i sistemi alimentari ,globali e locali, virando verso un’agricoltura sempre più sostenibile, salvaguardare biodiversità ed ecosistemi, significa anche dare una risposta ai cambiamenti climatici”.
Un ruolo di primo piano lo avranno sempre più i giovani che sono in grado di adottare strategie innovatrici e ,insieme, sostenibili, e che con Greta hanno cercato di svegliare il mondo del potere. Se saranno sostenuti economicamente per l’avvio dell’attività agricola e se saranno inseriti nei processi decisionali che li riguardano. Ad occhi aperti però sui gravi problemi d’ingiustizia umana che gravano sulle campagne. Così come sollecita l’attuale segretario generale della CEI ,nominato da Papa Francesco nel 2014, Nunzio Galantino , teologo e già prof. di antropologia filosofica .
( da N. Galantino – Sul confine-Incontri che vincono le paure- Piemme, 2019)
“Il futuro del Sud è nei suoi campi”- Attraversare la distesa di campi coltivati della mia terra di origine (prov. di Foggia) continua a provocare in me riflessioni sempre meno pacificate. Forse, quella dei campi coltivati e delle persone che vi lavorano sta diventando una delle realtà più contraddittorie di questo periodo storico. Di quello economico,civile,sociale e politico.
Da una parte, infatti,non si ferma il lamento- talvolta un vero e proprio grido che denuncia la condizione di precarietà e l’evidente non remuneravità del lavoro dei campi, dall’altra ,vi sono dati che continuano a presentare il comparto agricolo come spazio dalle performance positive.
L’ultimo rapporto SVIMEZ (Ass. per lo SVI luppo dell’industria nel MEZ zogiorno)documenta l’eccezionale incremento del valore aggiunto dell’agricoltura, che,insieme al turismo,rappresenta una delle forze trainanti per la crescita del PIL del Mezzogiorno. Una crescita sostenuta da un forte incremento delle esportazioni del comparto agroalimentare e supportata da promettenti segnali di consolidamento delle dimensioni aziendali …
Sono convinto che oggi nelle mutate condizioni socioeconomiche l’agroalimentare possa assicurare uno sviluppo certo al Sud solo se supportato da dinamiche capaci di trasformare in valore non solo economico,ma anche sociale,culturale e collettivo la diversità biculturale che il Sud ha preservato e continua a coltivare nella ricchezza dei suoi territori e dei suoi saperi diffusi. Un’agricoltura quindi che si proponga come base di partenza per processi multi settoriali che coinvolgano il turismo ,le bio economie,l’ambiente.
Che risponda,come già sta accadendo per es. nel comparto del biologico, delle denominazioni protette e delle certificazioni etiche, all’evoluzione dei modelli di consumo nazionale e globale sempre più orientati a coniugare valori materiali e caratteri immateriali e valoriali dei prodotti.
In una visione sistemica l’agricoltura va considerata come una parte di una rete di rapporti che coinvolgano le diverse componenti del mondo rurale, così come pure le relazioni fra aree rurali e aree urbane … (pagg.189/191)
“Il lavoro nero che oscura la dignità”-Non so se sia ipocrisia,disinformazione o altro, ma non riesco a capire come,negli anni Duemila parlare di “ghetto”, addirittura di “gran ghetto” e di caporalato senza stupirsi,senza ribellarsi,senza indignarsi. Non so quanti conservano impresse le immagini del ghetto di Rignano in fiamme,nel 2017. Un luogo, in provincia di Foggia, che fino a quel momento era sconosciuto ai più- ma non alla Charitas diocesana-, come sconosciuti erano e rimangono gli ormai ex abitanti del ghetto. Persone con l’unico bisogno di lavorare …
Al di là degli aspetti giudiziari che non conosco, al di là della decisione di effettuare lo sgombero da parte delle istituzioni per dare un’ alternativa più dignitosa alle condizioni di vita degli abitanti, al di là delle tante realtà territoriali che hanno offerto e offrono assistenza, da cittadino italiano e da pugliese, l’idea che il nostro Paese permetta l’esistenza di luoghi dove si vive come bestie,in baracche costruite con cartoni e plastica e se va bene un pò di legno,tra rifiuti,sporcizia, senza acqua e senza corrente elettrica,non è e non può essere ammissibile. Mai ….Persone con l’unico bisogno di lavorare. Lavoro? Ma che lavoro è trascorrere un’intera giornata nei campi per un raccolto e guadagnare meno di dieci euro? Che dignità dà quel lavoro se,nonostante i pochi euro guadagnati, si ha anche l’obbligo di dare una quota del ricavo ai datori di … lavoro? E’ lavoro a tutele mancanti e fatica a ranghi crescenti. E’ solo sfruttamento. I caporali esercitano il loro potere e controllano il mercato del lavoro nero soprattutto attraverso la sottrazione dei documenti della forza lavoro.
Per chi scappa da zone poverissime rinunciando agli affetti più cari, per chi scappa da guerre non volute e decise da altri, il documento non è solo una carta d’identità,un permesso di soggiorno. Il documento lega la persona alla sua terra, alla sua appartenenza linguistica, culturale, al suo popolo,alla sua famiglia. Sottrarre il documento significa mortificare l’identità della persona, più che controllarne e limitarne la libertà. Secondo l’ISTAT, nonostante il reale impegno di istituzioni e organizzazioni di categoria,il fenomeno del lavoro nero legato al caporalato in agricoltura è un fenomeno in costante crescita …(pagg.192/194)
Dora - La nostra conversazione a distanza deve chiudersi qui. Per tanti è già troppo lunga. Un blog non può dire tutto, ma ,secondo me,chiarire,incuriosire,attivare una ricerca personale,a qualunque età …
Spero però che –per chi l’ha letta e riletta interamente,con attenzione,la nostra conversazione abbia chiarito che oggi, almeno in Italia – l’agricoltura contadina ,più che un’eredità o un ripiego, possa essere una scelta coraggiosa. Una vera vocazione,per chi crede in Dio.
Papa Francesco nel messaggio per la 54° Giornata mondiale della pace/1° gennaio 2021 ha detto:” Invito tutti a ritrovare –come S. Francesco - l’amore per la terra come “madre”, dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la mia proposta: custodire la terra,facendo alleanza con essa,affinché possa continuare ad essere,come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana. Contro ogni sfruttamento.”
DIALOGO APERTO
Una misteriosa dignità umana - “ Gentile Dora, ho letto il suo blog sui migranti “nostri fratelli” e ho condiviso con lei la volontà di andare alle radici dell’affermazione. Questo suo stimolo a “vedere” in chi si incontra una misteriosa dignità umana, mi è stato proprio di grande aiuto- Vorrei dirle :grazie!” – ( A. C. - Milano)
DORA- Ringrazio lei,anche perché mi ha fatto ricordare che non ho inserito nella piccola bibliografia proposta il bel libro di Eugenio Borgna (La dignità ferita –Feltrinelli, 2013),un grande psichiatra che è anche un affascinante scrittore.
Fidarsi del Signore - “Cara Dora,vedo che ti sei un po’ meravigliata nella tua ultima conversazione che nessuno abbia accennato alla “radice” della fratellanza, e cioè alla paternità dell’unico Dio …. Ma,non ti accorgi di quante ingiustizie, di quante crudeltà contro i poveri, di quante morti innocenti nel Mediterraneo, ci sono oggi? Vien da pensare anche a chi va in Chiesa come me,che Dio non esista … Esistono solo uomini e donne violenti, responsabili di mafie,corruttori di deboli, che si lasciano travolgere da un delirio di onnipotenza … ( N. R . Napoli)
DORA- “ Carissimo N., il tuo grido di dolore mi somiglia al grido del primo versetto del salmo 10:”Perché,Signore, ti tieni lontano,nei momenti di pericolo ti nascondi?”- e mi viene mente la scena evangelica della barca travolta dalla tempesta, quando gli apostoli ( che stanno attraversando il lago di Tiberiade con Gesù che dorme tranquillo a poppa), lo svegliano impauriti:” Maestro,non t’importa che siamo perduti?”(Mc.,4,18)- Nei nostri momenti di turbamento è buona cosa rileggere questi testi,non solo per recuperare energie e chiedere aiuto, ma soprattutto per meglio confidare . Non basta pregare,occorre fidarsi del Signore.
Ripenso con tenerezza alla mia mamma Angela ,che una volta mi narrò di una vecchina , che era solita pregare per chiedere al Signore lumi per i suoi figli lontani e coraggio per continuare a vivere da sola. Un giorno il Signore la confortò dicendo:”Non sei sola- Vedi l’ombra che sempre ti accompagna? E’ l’Angelo Custode al quale ti ho affidata”. Turbata ,un altro giorno la vecchina gridò al Signore:”Non vedo più l’ombra. L’Angelo mi ha abbandonata?”-E il Signore le rispose:”No, ti ha solo presa in braccio”.
Ancora sulla libertà - “Ciao Dora,lo sai che solo adesso ho capito cosa significa il titolo del tuo blog “L’altra faccia della libertà?”- Vuol dire “responsabilità” verso gli altri. L’ho capito leggendo le notizie della strage della funivia … Ho riletto interamente- come raccomandi tu- quel blog e mi è stato chiaro il messaggio. Mi domando quindi a mia volta: anch’io sto perdendo nel mio lavoro i sani principi di un tempo? In quale società ci siamo ridotti? Potremo davvero ricominciare per camminare a testa alta?....( S.O. - Genova)
DORA- Sono lieta della tua riflessione,cara amica, anche se così dolorosa. Occorre approfondirla e applicarla alla realtà della propria vita per poter ricominciare a modificare le proprie priorità e a camminare a testa alta. Leggo dal Corriere della sera di oggi quanto scrive il giornalista Antonio Polito. “Qualsiasi azione umana deve essere sostenuta da un principio morale di responsabilità verso gli altri, altrimenti risulta un atto di violenza e di sopraffazione … Dobbiamo costatare che l’avidità corrode la fibra morale dell’uomo come l’umidità e l’usura fanno con i cavi d’acciaio … Lo Stato moderno è nato proprio per impedire che la libertà del singolo diventi irresponsabilità,garantendo così l’uguaglianza al posto del privilegio di pochi.” Urge ricominciare.
Il superamento dell’emergenza può avvenire efficacemente se si riafferma il valore della scuola, una scuola aperta, coesa ed
inclusiva, quale luogo di formazione della persona e del cittadino, radicato nel proprio territorio e sosteenuto
dalla partecipazione attiva di tutta la comunità. Una scuola capace di essere motore di integrazione civile, di uguaglianza
e di sviluppo. Una scuola che restituisce spazi e tempi di relazione, luoghi per incontrarsi di nuovo e riannodare quelle
relazioni purtroppo bruscamente interrotte, così importanti per lo sviluppo emotivo, affettivo, identitario, sociale di ognuno.
( Piano scuola estate 2021)
La scuola non si chiude – “ Cara Dora,in un tempo in cui anche il nuovo ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi viene criticato per le sue proposte intelligenti, ti voglio segnalare il suo ultimo libro: “Nello specchio della scuola “ –Il mulino,2020, per discuterne al meglio sul tuo blog. Forse saprai che Bianchi è prof. di Economia all’Università di Ferrara,rettore e docente per la Cattedra UNESCO in Educazione,crescita e uguaglianza,e, nella regione Emilia-Romagna ….” (R. C .- Padova)
DORA – La ringrazio vivamente della segnalazione ,anche perché il libro innanzitutto presenta e spiega la situazione di partenza della Scuola italiana ,che vorrei qui riportare in poche righe. Attualmente l’ Italia è il paese d’Europa con i più bassi livelli d’istruzione, con la percentuale minore di laureati e con il tasso di dispersione scolastica più alto. E la Scuola incide molto su crescita ed economia. Nel suo libro, il prof. Bianchi chiarisce perché l’Italia è il paese che ha il numero più alto di NEET (né studenti né lavoratori),che è cresciuto meno negli ultimi 20 anni e si è presentato all’appuntamento con la pandemia con un tasso di crescita annuale dello 0,3 per cento su base nazionale,facendo sprofondare nella crisi fiscale lo Stato …
Anch’io,come lei, ho salutato con entusiasmo per es. la decisione di tenere aperta la scuola d’estate. Con programmi e insegnanti adeguati. E’ la modalità intelligente per recuperare quei bambini e ragazzi e giovani -figli delle famiglie più fragili economicamente o meno attrezzate culturalmente- che sono stati assenti nella trasformazione della Scuola in Didattica a distanza.
Non è un caso infatti che- leggo dai giornali - mentre in molte scuole del nord si cercavano ragioni per contestare l’iniziativa, sui 5.885 Istituti scolastici che hanno aderito al bando lanciato dal Ministero,oltre la metà dei progetti,finanziati dai fondi UE,siano del sud Italia. Interessante anche aver coinvolto le Scuole paritarie e il Terzo Settore ,che guardano con grande attenzione ai Patti di comunità,costruiti dal basso.
Un grande Profeta e Maestro – “Ciao Dora, come stai? ... Si, eccoti le notizie della mia grande famiglia … Si va avanti bene ,nella sofferenza e nella solidarietà … Purtroppo per la vista non posso seguirti su internet, ma in casa continuiamo a leggere Rocca. A proposito:sta cambiando,avrai visto. Tu che ne dici? Non ci hai detto di Assisi se non nel tuo :”Famiglia Aperta Le radici e le ali”: che ne pensi oggi?....(S. A. da Livorno a telefono)
DORA- “Carissimo Sandro, sono lieta finalmente di sentirti e avere notizie di tutti i tuoi cari,di Irene ( che si è sempre fatta sentire) e dei vostri figli , del sangue e del cuore. Grazie della telefonata … Non posso però rispondere alle tue domande,sia perché sono decenni che non vado in Cittadella, sia perché reputo vitale e non preoccupante un avvicendamento di ruoli nelle associazioni , purché di persone competenti, per una normale evoluzione innovativa che meglio risponda a un dialogo efficace con il mondo da evangelizzare. Mondo che sta cambiando molto velocemente.Ad uno degli ex Presidenti dell’associazione culturale Famiglia Aperta come te,sento doveroso però aggiungere la notizia del dono che ho ricevuto in questi giorni dal prof. Giuseppe Limone,(noto filosofo e poeta napoletano ,attivo in tanti nostri convegni di studio-ricordi?) e cioè il mio acrostico, che ricopio qui di seguito . Per condividere la mia grande e gioiosa sorpresa, sia con i collaboratori di F. A. di ieri,sia con quelli del blog di oggi.
DORA CIOTTA
D ora Ciotta, dieci lettere,
O spitate in un lampo acutissimo che, alato dal cuore, fa
R isuonare tre volte il suo senso: donata, dorata, dorica, come colonna
A sciutta, penetrante e sagace per lucidità. Guerriera operosa di pace.
C hi volesse esplorarne gli strati
I mmerga le mani nel grembo
O norato che le diede i natali, don Giovanni Rossi il profeta, col quale con
T aumaturgica gioia, per trarne sorgenti,
T rivellò pensieri sapienti, sotto teologico velo, militando senz’armi, tessendo le reti e
A nnunciando speranza per l’alba che certamente verrà. 2 giugno 2021
Da Giuseppe a Dora Ciotta: un nome e cognome importanti. Vi si coglie una misteriosa concentrazione di segni, come una crasi da interrogare: “DON GIOVANNI ROSSI, CITTADELLA”. Da un grembo nacquero un nome e un cognome e a quel grembo sempre ritornano. Il pensiero è una rondine, abitata da un ago magnetico, che mai perde il luogo dal quale partì.
Onore sia sempre prestato – da tutti – al profeta e al maestro, che perennemente ci guiderà.- Giuseppe Limone
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