STOP parliamone - Il blog di Dora Ciotta


n.60-- Famiglia aperta scuola di fraternitą[altre sezioni]

n.60- Famiglia aperta  scuola di fraternità

 - dall’articolo  dello psicoanalista  Massimo Recalcati  dal titolo: “La solitudine della famiglia”- La Repubblica, 4 luglio 2020

 

Il rapporto dell’Istat descrive un Paese che rischia di perdere il suo futuro: la precarietà sociale frena fatalmente il desiderio di futuro. Uno dei dati più sintomatici è il previsto brusco calo della natalità.

Mettere al mondo un figlio è infatti un gesto che implica una quota di fiducia necessaria nei confronti dell’avvenire. Ma a questa fiducia, sotto i colpi dell’epidemia e delle sue conseguenze sociali ed economiche è subentrata la paura. Dare la vita ad un figlio è un gesto che ribadisce che “gli esseri umani, come diceva Hannah Arendt, non sono fatti per morire ma per nascere”.

 

Se la vita perdesse il suo legame profondo con l’evento della nascita non sarebbe più vita umana.

L’intrusione traumatica del Covid ha frantumato le nostre comunità è ha inevitabilmente traumatizzato la nostra fiducia nel futuro. L’angoscia persecutoria del contagio ha lasciato  progressivamente il posto a una angoscia depressiva: il futuro rischia di diventare un oggetto malinconicamente perduto.

In fondo ce lo chiediamo tutti: ritroveremo davvero il mondo come lo amavamo prima? Nel buio che ci circonda e che rischia di diventare sempre più fitto, la comunità che ha dato maggiore prova di resistenza è stata quella della famiglia. Dopo quella sanitaria la prima risposta alla morte e alla violenza è stata quella offerta, con grande generosità, dalle famiglie italiane. Una comunità tanto trascurata quanto fondamentale ha resistito nel suo compito educativo tenendo silenziosamente e quotidianamente insieme i pezzi di un Paese sgomento.

 

Il problema non è più stato, finalmente, quello tutto ideologico di classificare le famiglie di sangue e di natura dalle altre, ma quello di fare esistere il gesto fondamentale sul quale si fonda l’identità e la funzione simbolica di ogni famiglia: il gesto dell’accoglienza dell’inerme, della custodia della vita schiacciata dalla paura, dell’umanizzazione della cura, della testimonianza di un legame che resiste alla distruzione, della responsabilità nei confronti dei nostri figli.

 

Il rapporto Istat non nega affatto l’esistenza di questa straordinaria forza della famiglia, ma sottolinea l’incidenza che su di essa sta esercitando l’angoscia depressiva nei confronti di un avvenire incerto. Questo mostra bene che una politica del lavoro non serve solo la vita economica di un Paese, ma la sua vita in quanto tale.

In un dibattito sulla ricostruzione che rischia di essere sequestrato dal problema della sicurezza, la nascita di un figlio appare come un fiore stretto nella pietra, come il segno tangibile che la vita può ricominciare ogni volta anche quando sembra che il mondo abbia esaurito i suoi giorni. Siamo fatti per nascere infinite volte e non per morire.

 

 Per questo la nascita di un figlio è sempre una vera festa; essa porta con sé l’augurio che la vita sia sempre più forte della morte.

Le istituzioni hanno però il compito decisivo di non lasciare le nostre famiglie a se stesse, soprattutto quelle economicamente più fragili e vulnerabili. Devono fare estrema attenzione a non rendere la nascita di un figlio una possibilità preclusa ai più deboli. Sarebbe un disastro antropologico che aumenterebbe in modo traumatico le diseguaglianze sociali spegnendo quella luce che da sempre investe la nascita di un figlio.

Se questo tempo di crisi mostra che è solo  l’esistenza di un figlio che può dare avvenire a un Paese, ribadisce anche, per un’ennesima volta, che è solo l’esistenza del lavoro per tutti che può dare dignità alla vita umana.”

 

Dora- In data odierna,15 novembre,scade la possibilità di partecipare alla nostra 59° conversazione a distanza e ricorre la 4° Giornata mondiale dei poveri,voluta da papa Francesco,il profetico autore delle due Encicliche:”Amoris laetitia” e “Tutti fratelli”. Una felice coincidenza per consegnare alla riflessione di noi tutti il tema per il nostro 60° confronto:”Famiglia aperta scuola di fraternità universale

Spero che questo tema non solo risvegli in tanti buoni ricordi, ma nuovi propositi, non solleciti solo esperienze, ma progetti, non solo susciti fresche motivazioni individuali,ma di gruppo - In particolare ci aiuti a celebrare la festa della nascita di Gesù nella maniera più autentica e fedele al mistero dell’Incarnazione.

Il testo,profondamente ricco, dello psicanalista Massimo Recalcati , ci segnala il percorso: il gesto dell’accoglienza apre alla festa.

La domanda è semplice: “In tempo di pandemia come ci stiamo preparando alle feste natalizie? Prendendo le distanze dagli altri anche con il cuore,oppure cogliendo l’opportunità di aprirlo veramente?”

Essere felici in famiglia, ancora oggi, non vuole dire stare sempre a guardarsi  stupidamente negli occhi,

ma imparare a guardare nella stessa direzione.

 

Dora- Il tema di questa conversazione  n.60:”Famiglia aperta scuola di fraternità”,nella sua definizione lessicale, al primo sguardo, lascia forse un po’ sconcertati. Come minimo mancherebbe del punto interrogativo:famiglia aperta scuola di fraternità? Ancor meglio potrebbe  essere liquidata con una battuta:affermazione fuori della realtà,tanto evidenti sono i segni della “società de-familiarizzata” nella quale viviamo. E un po’ ingenuo pensare che “l’evaporazione” della famiglia (non a caso metto tra virgolette i termini usati da diversi analisti), sia dovuta tutta al Covid 19, che,peraltro,nella sua drammaticità, ne è certo il rivelatore più forte e diffuso.

 Mi pare opportuno quindi completare l’analisi di realtà , avviata  con il testo dello psicanalista Recalcati, con altre analisi .Quella di mons. Vincenzo Paglia, laureato in filosofia,teologia,pedagogia,attualmente Presidente della Pontificia Accademia della vita, mi pare  basti  davvero ad avviare  questo nostro confronto. L’ho presa dal  suo libro “ Il crollo del NOI” - ed. Laterza 2017- Ne trascrivo  di seguito alcune frasi dai capitoli 3° e 7°-

 

La fragilità della famiglia…. Pur essendo  sentita dalla maggioranza delle popolazioni di tutti i paesi del mondo come il luogo della sicurezza,del rifugio,del sostegno per la propria vita, la famiglia non gode di buona salute. E’ divenuta il crogiolo di tante fragilità: i legami vanno a pezzi, le rotture coniugali sono sempre più frequenti e,con esse,l’assenza di uno dei due genitori,che non facilita la vita dei figli- Vediamo le famiglie disperdersi,dividersi,ricomporsi nei modi più vari. Si stanno moltiplicando le forme di famiglia.

E’ divenuto normale pensare che gli individui possano “far famiglia”  nelle maniere più diverse:qualsiasi forma di “vivere insieme”,può essere reclamata come famiglia. L’importante-si sottolinea- è l’amore. L’individualismo contemporaneo più che distruggere la famiglia,la depotenzia,nel segno di un rafforzamento dell’Io e di un indebolimento della coesione sociale..

Nella Vienna della prima metà del 900, si sviluppa un forte dibattito sia sull’IO sia sulla struttura gerarchica della società,sia sul versante giuridico sia su quello famigliare. Paul Federn, uno dei primi allievi di Freud,(vicepresidente della Società psicanalitica di Vienna poi rifugiato negli Stati Uniti per la sua opposizione a Hitler) legò la struttura piramidale dell’organizzazione della società a quella della famiglia. In una conferenza del 1919,usava per la prima volta l’espressione “società senza padre”. Lo psicanalista austriaco intendeva proprio un nuovo schema sia nella società che nella famiglia:sostituire l’orientamento paterno con un legame fraterno per costruire finalmente una “società di fratelli”. A suo parere bisognava rafforzare l’Io attraverso l’emancipazione dal padre,ma con la realizzazione di una prospettiva fraterna sia nella società che nella famiglia: …

L’utopia della fraternità - …. “Fraternità” è una parola cristiana gravida di conseguenze per la storia della convivenza umana e la vita del mondo, che deve divenire abitabile e buona. E ,tuttavia, nella storia, “fraternità” è stata sentita sempre una frontiera difficile. Sin dalle origini. Basti pensare a quel che accadde ai “primi due fratelli Caino e Abele -Genesi,4) … La domanda di Dio a Caino dopo l’omicidio:” dov’è tuo fratello?” fa capire che la fraternità è data, ma deve anche essere scelta. E’ data perché l’uomo se la trova,come la nascita,come i genitori. Nella fraternità si è come implicati. E’ la condizione nella quale siamo comunque immersi . Essa poi rimanda a un’ evidente diversità, ma,comunque,per viverla deve essere anche scelta ….

Nelle pagine bibliche appare evidente la centralità della dimensione della fraternità per frenare la violenza e incamminarsi verso una società pacifica e solidale. La parola fraternità sta all’inizio della rivoluzione moderna,come simbolo dell’universale complicità umana di fronte alle fatiche,alle ferite e alle sfide della vita. Ma è stata presto congedata dall’orizzonte che doveva plasmare la moderna cultura della città e del cittadino del mondo. Libertà e uguaglianza sono rimaste da sole in vetta all’orizzonte della modernità …

La fraternità non si pone sul piano di un’utopia sentimentale o su quello di occasionali commozioni. C’è bisogno di reinventarla. Essa va posta nel cuore stesso della storia come forza di cambiamento e di trasformazione. E proprio per questo la sua radice si pianta nel cuore dell’uomo. E’ nel cuore che si gioca la fraternità. E,fin dall’inizio essa è per sua natura universale.

La rivelazione biblica le dona chiarezza,vigore, forza,energia e quella “marcia in più”,come qualche amico chiama la fede cristiana. Fraternità vuol dire amicizia,compagnia,solidarietà, condivisione,prossimità. E ritessere la convivenza umana sull’ordito della fraternità, o, se si vuole ,di una nuova prossimità tra gli uomini e i popoli è il compito grave e urgentissimo che tutti abbiamo davanti. Da ora.

Per questo non ci si può pensare soli nel mondo. La presenza del fratello impone il decentramento da se stessi, costringe a ripensare il proprio modo di stare nel mondo,nonostante che le difficoltà di relazione siano una regola e non un’eccezione. E’ vero che tra incontro e scontro,in tale contesto,non vi è un’eccessiva distanza. La fraternità richiede di essere riconosciuta ogni volta partendo dall’accettazione dell’alterità,avendo fiducia che essa non è per escludere,ma è garanzia di comunione.”

 

Dora- Il tema di questa nostra conversazione n.60: ”Famiglia aperta scuola di fraternità”,può essere interpretato anche in maniera diversa , come progetto di vita da sperimentare , oppure da reinterpretare da parte di quelle persone,coppie , famiglie e gruppi associativi profetici, che silenziosamente e con convinzione da decenni l’hanno vissuto e lo vivono sul loro territorio di vita- Ne sono stata testimone attiva da oltre 60 anni-

Prima di avviare il confronto delle esperienze,voglio ricordare e riportare il grande messaggio di papa Francesco nell’Enciclica Amoris laetitia :

 

Rendete domestico il mondo!

La procreazione e l’adozione non sono gli unici modi di vivere la fecondità dell’amore. Anche la famiglia con molti figli è chiamata a lasciare la sua impronta nella società dove è inserita,per sviluppare altre forme di fecondità che sono come il prolungamento dell’amore che la sostiene.

La famiglia non deve pensare se stessa come un recinto chiamato a proteggersi nella società. Non rimane ad aspettare,ma esce da sé nella ricerca solidale. In tal modo diventa un luogo d’integrazione della persona con la società e un punto di unione tra il pubblico e il privato …

Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia.

Dio ha affidato alla famiglia il compito di rendere “domestico” il mondo affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello.

 

 “In questo tempo di pandemia come ci stiamo preparando alle feste natalizie? Prendendo le distanze dagli altri anche con il cuore,oppure cogliendo l’opportunità di aprirlo veramente?” 

 

M. G. T. – prov. di Genova In questo tempo di pandemia ho continuato a vivere –rispettando le regole- la mia vita secondo lo spirito cristiano insegnatomi dai miei genitori e dall’ambiente ecclesiale e sociale in cui ho sempre vissuto e vivo. Per me Natale non è una festa qualsiasi ma la ricorrenza della nascita di Gesù,figlio di Dio,non è il pranzo ,ma le relazioni d’amore che ho con figli,nipoti,nuore, e tutte le persone che incontro. Non è un problema quindi stare da sola nel giorno di Natale,dato che sono vedova. Con le tecnologie possiamo incontrarci e condividere la giornata con l’America,dove vive il primo figlio sposato e l’Italia, dove vive l’altro mio figlio con la famiglia.

M’interessa però il tema della solitudine e dei problemi di tante persone che oggi fanno famiglia o credono di far famiglia da soli. Ieri le famiglie erano piuttosto tranquille,affrontavano i problemi cercando di risolverli nel migliore dei modi. Ognuno faceva la sua parte,nel dialogo e nella contrattazione dei doveri e dei diritti. Mio padre era un contadino ,pagava un affitto e ogni anno contrattava il dovuto con il padrone. C’era più chiarezza nei compiti e la famiglia era un punto di riferimento sicuro.

Oggi … se andiamo a rileggere tutte le leggi che dagli anni 70 si sono prodotte,per es. sulla sanità,sulla chiusura dei manicomi,sui servizi sociali, notiamo che tutte non sono state applicate completamente. Così pure nel mondo del lavoro … Non esiste oggi un chiaro modello d’integrazione sociale realizzata per prendersi cura della persona sofferente con tutti i suoi bisogni e i suoi problemi,innanzitutto il bisogno dell’ascolto,valore fondamentale per relazioni davvero umane. Papa Francesco le chiama “fraterne”.

Per andare incontro a ogni uomo malato di solitudine occorre avviare un processo che lo metta in sinergia con i suoi familiari, il medico di base,gli specialisti, gli enti istituzionali preposti,la scuola,i servizi sociali,le aziende ,l’intera collettività … occorre un patto sociale e una formazione adeguata …

 

L. G. - Roma – M’ispiro a Massimo Recalcati quando dice:”La nascita di un figlio è sempre una festa” E’ vero,anche nei momenti più paurosi ,terribili e angoscianti come questi, i figli sono una risorsa per affrontarli con meno timore.

Penso ai miei nonni,giovani nella seconda guerra mondiale, che misero al mondo i loro figli in quel periodo orrendo, e ,nonostante la miseria,lo sgomento e l’orrore,li allevarono con sani principi cristiani e di lealtà civile. Anche se fuori cadevano le bombe,nella loro famiglia c’era sempre fiducia nel domani e fede,tanta fede.

 

G. C.- Parma- Quella del Natale 2020 ,forse per la prima volta,è destinata ad essere un’intimità a distanza, tranne che per la “famiglia ristretta”, e dunque escludendo i parenti e amici lontani che sarà impossibile incontrare nelle tradizionali “tavolate conviviali” del periodo natalizio.

Per chi colga l’importanza della “condivisione del cibo”,si tratta di una ferita non facilmente sanabile:non basta una telefonata per realizzare una essenziale convivenza,che è quella evocata dalla familiare parola latina convivium.

Non resta,dunque,che attendere-pazientemente- che “passi la nottata”,inventando forme diverse dalla convivialità,per restare,in qualche modo, insieme. Se viene meno il diretto contatto fisico,l’abbraccio,la carezza,lo sguardo, rimane almeno la parola: un Natale ,dunque,senza abbracci,ma non senza parola, se si sapranno valorizzare quegli scambi da lontano,soprattutto telefonici,sottraendoli alla tentazione del puro e semplice chiacchiericcio.

Viene in parte a mancare,almeno nella sua forma diretta del “faccia a faccia”,la parola degli uomini, ma persiste,ed anzi si rafforza, nel tempo del misterioso silenzio dell’Attesa,la Parola di Dio.

 

P. R. - prov. di Bologna – Mi sono interrogata,prima da sola e poi con mio marito sul tema di questo blog e lasciata provocare dalla domanda. In realtà non siamo tra quelli che hanno riempito strade e negozi quando si è passati in zona gialla per fare spese e acquistare regali per figli e nipoti,credendo di far bene all’economia consumando senza badare alla salute …

Abbiamo cercato di educare i nostri figli a vivere senza pretese e a pensare criticamente a un’economia alternativa,nonché a spogliare il Natale da inutili decori,se pur meravigliosi. Con loro abbiamo sempre lavorato per le tavolate natalizie della nostra parrocchia e quest’ anno abbiamo anticipato i tempi e i doni andando a visitare a casa loro le famiglie povere che seguiamo da tempo.

Come ci stiamo preparando al Natale 2020? Leggendo con calma,ad alta voce,a turno coi figli, e dialogando con loro, le due encicliche di Papa Francesco sulla famiglia e sui fratelli e sorelle tutte. Siamo molto occupati,talvolta un po’ preoccupati ,ma sempre felici di camminare insieme.

R. S. - Roma - E’ proprio per uscire dalla solitudine della famiglia patriarcale che nel 1976 volli provare ad essere famiglia aperta, ent

rando nell’associazione culturale Famiglia Aperta . Gli esercizi di apprendimento sono stati tanti:convegni,vacanze,gruppi di studio,,continuo confronto con la realtà per provare ,acquisite le competenze necessarie,a cambiare la visione dell’istituzione famigliare verso un orizzonte più ampio. Non avrei mai immaginato che nel 2020 -come dalla lettura dell’analisi dello psicanalista Recalcati - ci potesse essere ancora “La solitudine della famiglia”-

Certo c’è il covid,che ribalta ogni certezza, e scopriamo però che l’unica istituzione che regge ancora è la famiglia. Osservando i comportamenti difensivi delle famiglie che conosco,i figli sono stati accuratamente protetti,o meglio ,isolati,costretti a vivere senza rapporti sociali,e organizzata una scuola domestica con la didattica a distanza, dato che le scuole non sono aperte.

A difesa dal nemico esterno,il covid 19,si è diffusa un nuovo tipo di famiglia “separata”. I bambini della mia comunità condominiale,che giocavano sempre tutti insieme nel cortile,ora sono costretti a giocare da soli nelle case e non è possibile più salutarli e abbracciarli.

C’è però una luce in fondo al tunnel. Seguendo i lavori dell’evento internazionale “The economy of Francesco. I giovani,un patto per il futuro”,al quale in collegamento virtuale hanno partecipato giovani economisti di 115 paesi del mondo,ho appreso che hanno elaborato 12 richieste per costruire un patto per lo sviluppo integrale e immaginare una nuova cultura per promuovere un cambiamento radicale della società umana. In essa anche la famiglia avrà un ruolo fondamentale,sostenuta da una nuova economia più umana e solidale.

 

F. e A. F.- prov. di Cuneo- La nostra famiglia ha vissuto il tempo e i cambiamenti degli anni 70 dalla famiglia patriarcale. Il nostro legame di coppia non é stato assicurato dalla presenza dei genitori o dei nonni, da leggi impositive, dal pubblico decoro. Il nostro amore è stato frutto di una libera scelta, un amore quotidiano capace di coinvolgere l’ambito lavorativo, quello della società civile e della comunità di fede.

In queste condizioni la nostra famiglia non poteva pensare di farcela chiudendosi nel suo guscio, aveva bisogno di aprirsi alla bellezza ed ai problemi delle persone che le vivevano accanto.

Cominciammo dai parenti. Venne ad abitare con noi prima una nonna, presenza silenziosa e profonda che seppe testimoniare la continuità dei valori che il passato lasciava in eredità al futuro, poi uno zio disabile che restò con noi 18 anni, coccolato e, a suo modo, coccolante. Anna, era insegnante, e non mancarono mai in casa nostra gli alunni in difficoltà per un momento di condivisione familiare.

 

Seguendo gli sviluppi dell’assistenza pubblica giungemmo all’affidamento familiare ospitando diversi ragazzi in temporanea difficoltà ed uno di loro, ormai vicino alla cinquantina è, per noi, come un figlio. L’emergenza stranieri fu un’altra occasione di apertura prima in casa nostra e poi in una casa di accoglienza dove abbiamo vissuto 18 anni. Tutto questo in compagnia di maestri, amici, compagni d’avventura. Li abbiamo trovati intorno a noi in piccoli gruppi di famiglie, ma anche andandoli a cercare in associazioni, convegni, realtà che volevano approfondire l’importanza dell’apertura della famiglia.

 

Pensiamo di poter dire che i nostri figli, pur con i loro limiti, abbiano respirato l’aria di una famiglia aperta. Ci rendiamo conto, però,guardando alle nuove generazioni, (pensiamo ai nostri nipoti) quanto sia difficile per i giovani scegliersi come coppia per dar vita ad una famiglia aperta. La mentalità corrente consente loro di sperimentare l’autenticità del rapporto senza formalizzarlo ed hanno paura di fare una scelta stabile. In queste condizioni è difficilissimo avere il coraggio di mettere al mondo una vita nuova. Crediamo che ci vorrà del tempo perché un nuovo tipo di famiglia prenda forma.

 

 

G. e M. Solinas – prov. di Taranto -Questo tema è centrale nel nostro cammino di coppia: fin dall’inizio del nostro matrimonio, nel 1968, abbiamo sognato una famiglia che non si chiudesse nella procreazione biologica ma tenesse la porta di casa aperta all’accoglienza e alla cura di bambini e ragazzi che avremmo potuto incontrare nel tempo e che ci avrebbero posto domande di aiuto.

Negli anni, assieme ai tre figli da noi generati, ci siamo trovati a far posto nella nostra casa, nella modalità dell’affidamento, a quattro bambini con famiglie fragili alle spalle, mentre un quinto abbiamo finito per adottarlo.

Per non chiuderci in un gesto familiare isolato, ci siamo fatti promotori, assieme ad altre famiglie ed ai servizi pubblici territoriali, di una cultura dei legami fraterni che avesse un respiro allargato, favorendo la nascita di reti di famiglie aperte. Questo orientamento di vita ha ispirato anche il nostro impegno pastorale.

 

In questo anno di drammatica pandemia abbiamo continuato ad essere vicini a coloro che abbiamo accolto tanti anni fa ed alle loro famiglie, per come potevamo, data la nostra condizione di anziani.

Ci siamo resi conto, in questi anni, che tale nostro progetto di vita ci ha lentamente educato alla fraternità universale e alla gratuità, dando un senso profondo al nostro vivere, che ha contagiato gli stessi figli. È per questo che il prossimo Natale lo vivremo come festa della vita.

Concordiamo con Massimo Recalcati che tantissime famiglie hanno testimoniato, in questi mesi di pandemia, una straordinaria forza di coesione al loro interno. Ci rattrista, allo stesso tempo, la fragilità estrema di tante altre famiglie.

Urgono politiche del lavoro che restituiscano speranza e dignità a famiglie ed a giovani drammaticamente provati. Malgrado i tanti osanna rivolti proprio in questi giorni al volontariato organizzato, che accorgiamo che siamo ancora lontani da una cultura familiare diffusa che vada oltre i legami di sangue e ci auguriamo che i gruppi di volontariato si impegnino anche in un serio lavoro educativo. Per quanto ci riguarda, non ci arrendiamo e continuiamo ad operare, al Sud, nella nostra rete interregionale, per ritessere legami fraterni e inclusivi, come nel weekend formativo di inizio ottobre, dal tema significativo “La sfida dell’ascolto e della quotidianità condivisa”.

 

Ci stiamo preparando al Natale studiando l’Enciclica “Fratelli tutti” e mettendo in circolazione, attraverso internet, le sintesi dei vari capitoli unite alle riflessioni che questo studio suscita in noi.

Dora- La nostra conversazione va conclusa,ma resta aperta la riflessione e la sperimentazione di relazioni fraterne e di amicizia sociale sempre più ampia e consapevole per ciascuno di noi. Sigillo speciale la preghiera cristiana ecumenica di papa Francesco nell’ Enciclica Fratelli tutti.(Assisi 3 ottobre 2020)

Dio nostro,Trinità d’amore, dalla potente comunione della tua intimità divina effondi in mezzo a noi il fiume dell’amore fraterno. Donaci l’amore che traspariva nei gesti di Gesù,nella sua famiglia di Nazareth e nella prima comunità cristiana.

Concedi a noi cristiani di vivere il vangelo e di riconoscere Cristo in ogni essere umano,per vederlo crocifisso nelle angosce degli abbandonati e dei dimenticati di questo mondo e risorto in ogni fratello che si rialza in piedi. Vieni ,Spirito Santo! Mostraci la tua bellezza riflessa in tutti i popoli della terra,per scoprire che tutti sono importanti,che tutti sono necessari,che sono volti differenti della stessa umanità amata da Dio. Amen

 

Dialogo aperto

 

Sprofondata nel pessimismo

Cara Dora … ti dirò che mi è piaciuta molto la preghiera che hai inserita nell’ultimo blog. Non c’è un solo virus oggi.: proprio così. Voglio ringraziarti,perché mi sento sprofondata nel pessimismo. Per tante ragioni. Non riesco a tollerare l’attuale situazione d’incertezza e di inadeguatezza sia come nazione sia come chiesa locale. Sarà l’età, sarà la mia sensibilità, o forse anche l’informazione della TV. Ogni giorno una sfilza di morti, ogni giorno dibattiti urlati, ogni giorno delitti spaventosi … E nessun aiuto a capire, a resistere, a superare le difficoltà..neppure dalla predicazione ecclesiale,… sempre così astratta. A cosa andiamo incontro?..( L. M. prov. di Pavia)

 

Dora - Andiamo incontro al Natale 2020, cara amica, e cioè alla commemorazione di un evento straordinario che ci porta non solo “vicino”, ma addirittura “nella carne umana” ,il Signore del Creato, che si fa misteriosamente “Bambino” per noi, tutti poveri,deboli,disorientati,spaventati … Viene per noi,per darci la forza di sperare in un Futuro migliore,il coraggio di agire, già da oggi per costruirlo, (sia pure a piccoli passi) , ma soprattutto la capacità di “alzare la testa” - come dice Bonhoeffer - per riconoscere e amare come “fratelli” quanti incontriamo - come dice Papa Francesco … Le restrizioni necessarie a tenere a bada il Covid 19 possono essere preziose proprio per questo: riscoprire l’essenziale della nostra religione: non ti pare? Perché non segui alle 12 ,nei giorni festivi, sul primo canale della TV, le brevi meditazioni che fa Papa Francesco ? sono fulminanti nella loro concretezza e semplicità .

Quanto all’informazione multimediale,bisogna imparare a scegliere,a decodificare ,a scoprire le notizie. Certo, questi strumenti sono culturali ,rendita utile di una scuola ben fatta e d’un impegno all’aggiornamento continuo … ,ma anche di un buon senso legato alla propria salute mentale.

In questi giorni io ho scoperto per es. due notizie che mi hanno commossa. Innanzitutto il caso di quell’alpino di 91 anni di Castel San Giovanni di Piacenza,che è andato, con il cappello piumato in testa, sotto la finestra, della moglie Carla,ricoverata per Covid all’Ospedale, a suonare con la fisarmonica le canzoni che a lei erano care … E il caso della ragazza di Como,che è salita addirittura sulla sua fuoristrada e vi è rimasta pericolosamente a lungo , per cercare di vedere o farsi vedere ,dalla madre, forse spaventata,ricoverata d’urgenza per Covid al primo piano dell’Ospedale. Icone certo di dolore ,ma anche di amore.

 

Mi sento in lutto

Cara Dora,..quest’anno non preparerò l’albero in casa né gli altri addobbi, ma non per le regole che ha messo il governo. Mi sento in lutto. Troppi ammalati, troppi morti, troppe immagini tragiche in TV … Non riesco a portare a casa,dopo il lavoro,un segno di festa,un po’ di energia … Festeggiare non mi sembra giusto quando in tanti soffrono ….(N. A. Milano)

 

Dora- Ti comprendo appieno,cara amica, anche perché conosco tutta la generosità con la quale lavori in Ospedale … ma non mi sento di condividere la tua decisione. L’Albero di Natale infatti non è un semplice oggetto di bellezza e di godimento per gli occhi ,ma un segno della gioia del cuore che dona, non è solo una decorazione della casa ma un lume di ricordi e di speranze. Non dimenticare che la festa del Natale è la festa della nostra accoglienza di quel Dio che si è fatto Bambino per salvarci, e cioè donarci la grazia di vivere con Lui in vita e dopo la morte. E’ questa festa di accoglienza dell’Amore infinito che va celebrata e condivisa a Natale,perché di ammalati,torturati,disperati e morti ne abbiamo in ogni giorno dell’anno …

Distanziamento fisico non sociale

Cara Dora,non le pare che il distanziamento sociale sia la cosa più dura da sopportare in questa pandemia?....(S.G. prov. di Piacenza)

 

Dora- In verità il distanziamento richiesto non è “sociale” ma “fisico”. L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di “usare la forma distanziamento fisico non sociale in quanto abbiamo bisogno di rimanere in forte relazione con gli altri:sociale,culturale e spirituale.”

D’altronde la tecnologia attualmente è così avanzata che si può rimanere connessi in molti modi ,senza essere nella stessa stanza. Molte organizzazioni,anche in Italia, non usano più la forma ambigua “distanziamento sociale”,ma “fisico”. Purtroppo però nei media talvolta non si fa attenzione al termine corretto.

Riconosco però che “ C’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo,tremito delle mani,rossore,sudore, -scrive magistralmente papa Francesco della sua ultima Enciclica “Tutti fratelli”- ,perché tutto ciò ci parla e fa parte importante della comunicazione umana.

I rapporti digitali che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia,una reciprocità stabile e anche un consenso, che matura con il tempo,hanno un’apparenza d socievolezza ma non costruiscono davvero un “noi”.”

 

Accogliere la Vita è la festa

Cara Dora,mi sono imbattuto per caso nel suo blog e sono rimasto intrigato dalla modalità di riflessione che propone. Non sono abituato a scrivere di queste cose,anche perché non sono sicuro di essere un credente,ma voglio dirle che ho trovato molto stimolante l’accostamento che lei suggerisce tra il problema della denatalità e l’avventura della fraternità in nome di un diverso modo di vivere il Natale.

 

Forse finalmente ho intuito che la festa è accogliere la vita e che accogliere la vita di Gesù Bambino ci libera dalla sterilità del cuore. Per il mio lavoro incontro spesso gente che non è né simpatica né stimabile ,e mi sono un pò barricato … Forse però ora ho capito che devo cercare di riaprire il mio cuore,..cercare di comprendere queste persone,non bloccare il loro possibile cambiamento con i miei giudizi perentori, sforzarmi di accoglierle,pur rimanendo ferme le mie diverse scelte di vita. Non c’ è Covid che possa giustificare la mia indifferenza …(A.P. Treviso)

 

Dora- Grazie A. di avermi scritto. Una bella scoperta la sua: disegna la via di una vera conversione alla fraternità. Da hostis a hospes, da nemico a ospite, ogni persona che si incontra! Buon Natale!

Preghiera a occhi aperti-Ti prego,o Signore: dai alla mia vita la speranza del seminatore il quale conta più sulla potenzialità del seme che non sul catalogo degli ostacoli che possono impedire la germinazione; dammi lo slancio di quanti si mettono per strada fiduciosi,più del cammino che della sicurezza che serbano nella bisaccia; insegnami cosa significa credere senza aver visto.(Josè Tolentino Mendoca)

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