n.35- L’arte di prendersi cura
da una recensione di Claudio Belloni col titolo:”Curare i malati,non le malattie” ,nella rivista Servitium , n.235/2018
<<Vidas , si legge sul sito è un’associazione apolitica e aconfessionale nata a Milano nel 1982,fondata da Giovanna Cavazzoni per assistere gratuitamente i malati terminali. L’attività si svolge attraverso un complesso di servizi interdipendenti che vanno dalle cure domiciliari (a Milano,Monza e in 112 comuni dell’hinterland al day hospice e al ricovero nell’hospice “Casa Vidas” >>.
L’autrice del libro ,(ed. da Rizzoli nel 2017 col titolo:”L’ultima cosa bella. Dignità e libertà alla fine della vita”,è Giada Lonati ,uno di quei medici dell’associazione che curano senza pretesa di guarire,perché la medicina palliativa interviene quando non c’è più nulla da tentare.”Se anche esistono malattie inguaribili,le persone sono sempre curabili”(pag.13)… “Secondo la definizione che ne ha dato nel 2002 l’Organizzazione mondiale della sanità,le cure palliative “sono un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili,attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo dell’identificazione precoce,dell’approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi ,fisici,psico-sociali e spirituali “(pag.61).”La medicina palliativa è per definizione low tech e higb touch,orientata all’altro per accoglierlo”(pag.69)…
Dalla consapevolezza che dignità e libertà sono essenziali fino all’ultimo respiro “scaturisce un modello di medicina-e soprattutto di medico- che si declina,più che nel mantenere la giusta distanza,come ci hanno insegnato negli anni dell’Università, nell’imparare la giusta vicinanza,emuli di S. Martino (l’autrice evoca il santo del “mantello”,perché pallium è l’etimologia di “palliativo”),che sa rinunciare a un pezzo di sé senza morire inutilmente assiderato. Giusta vicinanza non è eccessivo coinvolgimento né rinuncia al proprio ruolo:significa invece riconoscere l’umanità che ci accomuna e che è il presupposto su cui la nostra relazione si fonda. Significa che come medico,come uomo,come donna,”com-prendo”,”prendo con me” la tua sofferenza,me ne faccio carico,provo a non lasciarti più solo”(pag.75). La solitudine si declina in molti modi …
Malati e famiglie si trovano spesso da soli ad affrontare situazioni difficilissime,magari col senso di abbandono di chi non sa o non capisce quali siano le condizioni reali e le soluzioni possibili. Lonati lo dice chiaramente:è anche una questione di linguaggio e di comunicazione. Non sempre i medici si fanno capire … Tutti però abbiamo “il diritto di conoscere tutta e solo la verità che riteniamo giusto e tollerabile conoscere”(pag.19) .La verità può far male … “per questo è bene dare tempo all’altro di interiorizzare gli elementi che vengono forniti,di digerirli,riproporli e sollevare tutte le domande che ritiene”.
La lucida coscienza della verità,per dura che sia,costringe a fare i conti con ciò che è comunque inevitabile,per tutti: da una parte al malato “consente anche di sistemare questioni lasciate in sospeso,che solo l’urgenza del tempo contingentato ci spinge ad affrontare”(Pag.28),dall’altra
“il contatto costante con le persone che stanno per andarsene,lungi dall’immelanconire, apre lo sguardo sulla bellezza ultima del quotidiano. E invoglia a viverlo fino in fondo,come e quanto si può”(pag.14)
.”Sapere di essere qui per un tempo dato spinge a una presenza più lucida nel quotidiano:quando vedo il malato distaccarsi da ogni cosa,sento che dovrò lasciare tutto anch’io. E intuisco che quello che ho non mi appartiene,ma mi è stato “affidato” per un certo tempo,e che ho la responsabilità di farne l’uso migliore possibile.
Questo è un tema centrale e insieme rivoluzionario,che attraversa tutti gli aspetti della società in cui viviamo:dal rapporto con il pianeta e con la natura,al rapporto con il denaro e con il potere,fino a quello con i figli e con gli affetti … Sapere di essere transitori aiuta a vivere meglio. Significa sperare di attraversare il mondo lasciandolo in condizioni migliori di come lo si è trovato (pag.55)….
Dora- La presentazione del libro di Giada Lonati costituisce un ottimo avvio per una riflessione e un confronto tra noi sull’ ”arte di prendersi cura”.
Due piste mi sembra utile suggerire per risvegliare l’interesse di tutti noi a migliorare i nostri rapporti,soprattutto con le persone che vivono in situazione di grave fragilità vicino a noi o nel nostro ambiente di vita. Scrive Nodding: “Ogni persona vorrebbe essere oggetto di cura, e il mondo sarebbe migliore se tutti noi ci curassi un po’ di più gli uni degli altri”.
I)Quali modalità di cura sono necessarie e in quali esercitarsi per raffinarci nell’arte di “prendersi cura”?
2)Abbiamo esperienze concrete da condividere?