n.5-Poteri invisibili
“Cara Dora,ora che di mafia romana sono invasi tutti i media, ti voglio parlare dell’incontro particolare che ho avuto l’estate scorsa a Bernalda,quella splendida terra lucana dove sono ritornata dopo 40 anni dal mio primo anno d’insegnamento a Stigliano. Una collega d’allora,che avevo rivisto per caso a Roma qualche tempo prima,mi aveva invitata a casa sua a rivisitare quell’ambiente lontano. E’ stata una sorpresa enorme per me scoprire come era cambiato! Io ero rimasta al “Cristo si è fermato a Eboli”
L’occasione è stata la presentazione all’aperto,in una sera d’estate,di un libro, in un luogo raccolto chiamato “Al verde”,dove giovani e adulti usavano incontrarsi e confrontarsi. Il libro,scritto da un prete lucano,don Marcello Cozzi,impegnato da decenni nell’educazione alla legalità e al contrasto con le mafie e attuale vicepresidente dell’associazione Libera,ha come titolo:”Poteri invisibili -Viaggio in Basilicata tra affari,mafie,omicidi e verità sepolte”.Te lo spedisco.
Quella sera il suo autore richiamava i presenti a prendere coscienza di fatti e disfatti,che solo il silenzio passivo di tante persone consentiva d’infiltrarsi nel tessuto sociale e rimanere spesso “misteri”.
Mi ha colpita la determinazione con la quale questo prete sapeva denunciare e la forza con la quale richiamava al risveglio delle coscienze e invitava i cittadini a divenire protagonisti del loro cambiamento. Erano presenti anche i parenti di alcune vittime di fatti efferati,che da decenni non avevano avuto risposte dalle Istituzioni e che solo la solidarietà di alcune persone avevano permesso di sopravvivere al dolore.”(R. S. Roma-1/2/205).
Dora- Il libro “Poteri invisibili” di Marcello Cozzi si legge con un doppio brivido: “il brivido appassionato del lettore di gialli,e quello spaventato del cittadino con la sua coscienza civile”,come scrive Carlo Lucarelli nella Prefazione. E noi, come cittadini sgomenti dalla realtà di corruzione , giustamente svelata in zone d’Italia sempre diverse che non cessa di turbarci e di ferirci,vogliamo interrogarci con coraggio.
La nostra 5° conversazione pertanto non vuole essere una semplice esternalizzazione di emozioni e convinzioni,ma una forte assunzione di responsabilità per comportamenti davvero nuovi.
1-Abbiamo letto questo libro “Poteri invisibili”, ed. Melampo , Milano 2014,oppure altri libri di chiarimento e denuncia del fenomeno mafioso?
2-Ci siamo mai accorti,nella nostra vita,di sfiorare o di adottare, senza saperlo o volerlo, comportamenti mafiosi? Come e quando?
3-Nel grande scacchiere della corruzione italiana ci riconosciamo vittime paurose o ignare, oppure silenziosi costruttori di concreta giustizia quotidiana?
Anna Rita di Genova - Non ho letto il libro Poteri invisibili. Sono stata però abbonata alla rivista Narcomafie. È un mensile del Gruppo Abele in collaborazione con l'Associazione Libera. È periodico ben documentato: un brivido continuo. Seguo i “brividi” quotidiani, cercando di sterilizzare le notizie dei media. Mi accorgo di una certa assuefazione da parte della gente perché “ormai il mondo va così”.
Oggi il problema non è più il fatto mafioso in sé, la preoccupazione vera viene dalla “cultura mafiosa” che da tempo, si è infiltrata in tutti i ceti sociali. Se vero è che l'associazione Libera, con l'impegno personale di don Ciotti e con una efficace organizzazione capillare, svolge da anni un lavoro di sensibilizzazione che nel tempo darà frutti, é altrettanto vero che meccanismi sottili e perversi attraversano il quotidiano.
Al riguardo desidero fare una precisazione, distinguere cioè la corruzione negli ambienti del potere pubblico da quella degli altri poteri. I politici e i funzionari dello Stato e degli altri Enti locali sono al servizio dei cittadini; con i loro traffici sottraggono risorse che devono sostenere i servizi pubblici; pertanto chi danneggia i poveri sottraendo denaro pubblico è criminale oltre che ladro.
Dora- Ringrazio Anna Rita di Genova per la sua immediata e chiara messa a fuoco del tema. “Poteri invisibili” è infatti il titolo significativo della nostra 5° conversazione e non solo il titolo di un libro. In genere io cerco di articolare in domande la mia proposta di conversazione ,sulla spinta di una lettera ricevuta,per aiutare a mettere ordine a pensieri ed emozioni,suscitati da esperienze vissute o da vistosi fatti di attualità.
Chi non ha appreso infatti nei giorni scorsi dai mass media, che già 46 interdittive sono state firmate dalla Prefettura di Milano per infiltrazioni della ‘ndrangheta nella grande impresa dell’Expo di Milano 2015? Se non si è informati a sufficienza sul fenomeno mafioso,sempre in evoluzione per adattarsi alle varie situazioni da sfruttare, e non si continua a informarsi,attraverso libri,giornali,film che oggi certamente si moltiplicano,come si può pensare di modificare se stessi per fronteggiare la propria voglia di quieto vivere che ci insidia a qualunque età?
Mi ha sorpresa gioiosamente la notizia che ho notato nel Corriere della sera del 20 gennaio u.s.: la cantautrice Carmen Consoli,presentando il suo nuovo album di canzoni, riferendosi al pezzo che sembra il più ispirato: “Esercito silente”,ha detto:
“La Sicilia è il mio mondo,canto e racconto da questo osservatorio e ne sono contagiata. La canzone parla dei due eserciti silenti che popolano la mia regione:uno composto da persone che hanno il desiderio di cambiare le cose,ma vivono nell’impotenza di farlo,cercando di resistere. L’altro è l’esercito silente di quelli che non vogliono vedere,sapere, o sentire nulla,gli omertosi. Ecco,credo vada fatta questa distinzione,perché spesso si fa confusione e la Sicilia è sempre stata troppo criticata negli anni.”
Luisa di Venezia– Non ho purtroppo letto il libro in questione. Per quanto riguarda la tragica questione della mafia nel nostro paese,ciò che mi fa veramente male è vedere molto,troppo spesso il coinvolgimento di chi dovrebbe essere invece preposto alla lotta e al controllo del fenomeno mafioso.
Pensando agli insegnanti e alle tante persone di “buona volontà” ritorna un po’ di fiducia nel futuro,ma il peso da portare è davvero gravoso. Ho sotto gli occhi una poesia di B. Brecht che ci sollecita a impegnarci:”Il mondo si muove se noi ci muoviamo,si muta se noi ci facciamo nuovi,ma imbarbarisce se scateniamo la belva che c’è in ciascuno di noi.”
Lidia e Giuliano di Foligno - Il tema proposto ci ha impegnato molto nella riflessione, a ragione di alcuni dolorosi ricordi di situazioni difficili e ingiuste sofferte da G., per sue critiche ad atteggiamenti di tipo clientelare e a tentativi di corruzione.
Da insegnante,io che scrivo,ho due ricordi vivissimi di quando eravamo in Lombardia.Il primo,che ebbi con un collega siciliano da poco arrivato a Milano,a proposito del secondo film della trilogia “Il padrino”.A me che chiedevo spiegazioni sul fenomeno mafioso,rispose:”La mafia è dovunque!”. Il secondo riguarda il magistrato Antonino Caponnetto,che fondò il pool di magistrati per la lotta alla mafia e istruì il primo processo di Palermo.Dopo l’assassinio dei suoi collaboratori e amici Falcone e Borsellino, già in pensione,cominciò a incontrare i giovani,girando nelle varie scuole d’Italia. Io accompagnai una classe in uno di quegli incontri e tutti restammo colpiti da questo “testimone credibile” di etica della politica,della vita civile,della giustizia e della legalità.
Mi è capitato invece da poco di ascoltare dei genitori,scontenti degli insegnanti dei loro figli,perché,nel corso di educazione civica,avevano inserito l’educazione alla legalità … “Che c’entra questa legalità?...!!!”
Ci chiediamo,se nel tempo,si sia andata formando una mentalità di supporto al sistema mafioso,e quando,e come,ciascuno di noi possa ritenerla “normale”. Nel 1° numero di Micro Mega del 2004 ,infatti,don Luigi Ciotti scriveva:”Se i valori dominanti sono quelli del profitto e del potere,anziché quelli dell’uguaglianza e dei diritti,è inevitabile che la mafia si radichi, perché quelli sono i suoi valori. Certo,i suoi metodi sono più violenti e più spicci di quelli che la cultura dominante propone,ma l’humus è lo stesso”.Prima di lui, p. Ernesto Balducci aveva scritto su Il Secolo XIX:”La mafia è il segno del fallimento dello Stato legale,anzi,la crescita di uno stato illegale dentro lo Stato legale. I due organismi vivono utilizzando gli stessi apparati,respirano la stessa aria,sono irrorati dallo stesso sangue. Vivono in simbiosi,insomma,tanto che la morte dell’uno,sarebbe,stando così le cose,la morte dell’altro. Nessuna radioscopia vi permetterebbe di distinguerli l’uno dall’altro. Nello Stato legale si fa largo ricorso a espedienti illegali e nello stato illegale si fa largo uso di espedienti legali.”Era il 1° settembre 1991!!!
Cento volte ci siamo chiesto con altri amici: Balducci, Turoldo e altri uomini della nostra Chiesa,grandi e indimenticabili,avrebbero taciuto,lungo tutto un ventennio in cui, un uomo che si ritiene onnipotente, ha potuto impunemente,non governare (questa è la democrazia!),ma immettere nelle menti di milioni di italiani l’idea che tutto si risolve con il denaro,che le regole possono essere disattese,che la morale è un optional? Siamo felici di essere lontani dai centri di potere, e a proposito di potere (quello d’acquisto!!) lo esercitiamo scegliendo i prodotti di “Libera” e quelli delle Botteghe equo-solidali.
Chiara di Cosenza - Non mi pare di aver mai adottato comportamenti mafiosi, neanche inconsapevolmente, ma certo, qui in Calabria, ci sono dei modi di ragionare che “sfiorano” comportamenti del genere. Qualche esempio? La vecchietta che dice che alla figlia, dipendente dello Stato, “ ti spettano” trenta giorni di malattia all’anno, intendendo che le “spettano”, a prescindere dal reale bisogno, per “arrotondare” le ferie. Oppure l’insegnante che fa finta di non sapere in quali condizioni socioeconomiche vivono le famiglie dei suoi alunni, e ,anche quando lo sa, sostiene che a lui “non gliene frega niente”. Oppure quell’altro che quando c’è da prendere duramente posizione manda avanti gli altri e tace per non compromettersi e non apparire “rompipalle” agli occhi del dirigente di turno. Che dire poi di gravidanze certificate come “a rischio” anche se la gestante esce di casa e va in giro tranquillamente con la propria auto, gravando per un paio d’anni sulle spalle dei contribuenti per ogni figlio?
Certo, grazie a Dio, anche in Calabria, c’è chi va a lavorare con la febbre, chi si espone con genitori, assistenti sociali, Tribunali dei minori per togliere i ragazzi da ambienti malsani e da famiglie del tutto inadatte ad educare i propri figli, ma sono una minoranza, spesso malvista dal resto della categoria. Per godere di una lettura viva e sarcastica sul mondo della scuola dalle nostre parti,inviterei a leggere il volumetto di Tommaso Cariati, La scuola fuori registro, ed. Rubbettino, che non parla direttamente del fenomeno mafioso, ma racconta tanti atteggiamenti da parte di insegnanti e dirigenti che “sfiorano” tale fenomeno …
Giorgio di Parma --Faccio un po’ fatica ad inserirmi in questa conversazione,sia perché non ho letto il volume “Poteri invisibili”,sia perché addentrarsi in quello che viene definito “il grande scacchiere della corruzione italiana” implicherebbe un discorso troppo complesso. Vorrei invece reagire alla “provocazione “ della seconda domanda di Dora,non perché abbia mai assunto o tollerato “comportamenti mafiosi”,ma perché,purtroppo,anche nell’Università italiana permangono ,a detta di amici e colleghi per l’oggi, e a quanto sperimentato per il passato,sacche di malcostume,soprattutto in tema di concorsi. Favorire gli “amici” e gli “amici degli amici” (quando non addirittura i parenti,o le amanti …) sembra essere un costume diffuso.
Sono molti,anche cristiani, che non si ribellano a questi stili (per il timore,anche giustificato,di essere emarginati): bisognerebbe essere sempre,come amava dire Mazzolari ,”cristiani dalla schiena dritta”…
Gianfranco di Martina Franca – Non ho avuto occasione di leggere il libro di Marcello Cozzi. Mi rendo sempre più conto però che le mafie trovano terreno favorevole in una mentalità diffusa di mancato rispetto delle regole del vivere civile. Da noi al Sud si tratta di un antico costume che deriva dalla resistenza alle imposizioni di poteri ritenuti oppressivi, anche perché stranieri. Questa mentalità si è radicata pervicacemente ed è ancor più incentivata dalla corsa al consumismo ed al successo individuale che pervade nord e sud del nostro Paese.
Resisto in tutti i modi a questa mentalità e cerco di sviluppare assieme ad altri una resistenza a questo malcostume su cui si innesta il successo delle mafie. Tuttavia riconosco di avere in qualche caso abbassato la guardia, non contrastando con la dovuta nettezza comportamenti di soggetti del terzo settore della mia città che si procurano vantaggi e prestigio con la scusa di offrire servizi alle fasce deboli.
Dora- Effettivamente la nostra presa di coscienza del complesso e diffuso fenomeno mafioso è legata all’informazione costante, che ci fa aprire gli occhi per … vedere,ma anche e soprattutto a quanto effettivamente osserviamo con attenzione e senso critico nel nostro quotidiano,per reagire di conseguenza. E’ questo il nostro dovere: risvegliare le coscienze e,ancor prima tener sveglia la nostra coscienza.. In genere il rispetto responsabile delle leggi dovrebbe proteggere i più deboli e contrastare di per sé l’attività mafiosa.
Circa trent’anni fa,agendo il mio ruolo direttivo nella scuola in maniera attenta ,mi scontrai con il comportamento di un applicato di segreteria,fino a quel momento intoccabile,che utilizzava il suo posto di lavoro in maniera anomala,irregolare,e perfino irridente. Con animo sereno,ma con fermezza e tenacia, utilizzai tutti i risvolti delle leggi e dei regolamenti esistenti per inchiodarlo alle sue responsabilità. Alcuni fatti precisi poi mi avevano messo in guardia:gli indirizzi fasulli che vanificavano le visite mediche fiscali che gli mandavo per controllare le sue assenze brevi e frequentissime,un incendio doloso che improvvisamente bruciò nel mio studio l’armadio con la corrispondenza riservata,la brusca minaccia verbale con la quale un giorno mi avvertì di aver notato passeggiare col bastone da sola in riva al mare la mia mamma ottantacinquenne …..La Triplice sindacale (allora si chiamava e agiva così) lo difendeva,anche se nell’ultima fase,di fronte all’evidenza, non poté se non abbandonarlo … Ottenni ,per liberare la scuola,di anticiparne almeno il pensionamento.
Non sapevo allora,per mia disinformazione, che fosse un affiliato della ‘ndrangheta,anche se mi stupì non poco il fatto che,quando andai in pensione,la Conferenza dei dirigenti scolastici di Genova e provincia mi donasse una medaglia d’oro con la scritta:”A Dora la scuola”- Non credo che mi avrebbero riconosciuta in quel modo per l’impegno straordinario che avevo messo a organizzare vari corsi di aggiornamento per insegnanti e per dirigenti scolastici,e,… piuttosto contrastata all’inizio …
Anna Rita - A Genova una delle prime vicende che ho conosciute, ( oggi si chiamerebbero di tangenti e corruzione), fu legata alla costruzione della pedemontana che prese poi il nome di Corso Europa. Era il 1960. A causa di curve “irregolari” ma autorizzate e compensate, ci furono anche dei morti. È vicenda che ho conosciuto bene per lavoro di ufficio. Ho vissuto l'esperienza di alcuni politici e capi che cercavano di imporre agli impiegati comportamenti scorretti promettendo e concedendo vantaggi.
Continuo a conoscere pratiche di piccola mafia, di ipocrisie, di calunnie per ottenere prestigio. Nella vita, finora, spero di non aver adottato meccanismi mafiosi, anche se ho vissuto situazioni che erano occasioni per cedere a pratiche oscure. Credo che mi abbia salvato l'educazione di testimonianze familiari e anche l'orgoglio con una buona dose di vanità; c'è soddisfazione nel rispondere, a chi ti vuole comprare, di non essere in vendita. Ma anche qui vorrei precisare almeno tre cose.
-Per un bambino, cresciuto nell'ambiente del malaffare, ci sono poche occasioni di liberarsi, se scuola e società non intervengono con progetti a lungo termine. E anche così il futuro rimane incerto, perché in quell'ambiente esistono forti e solidi legami affettivi.
-Possono esistere situazioni familiari e personali che quasi costringono ad accettare e sottostare alle prepotenze.
- Sono anche dell'avviso che una volta entrati nel giro, inizia una storia che non ha sbocco, perché il gioco delle minacce e delle estorsioni non finisce mai.
Franco di Alba - Credo che la mafia sia cambiata e quella attuale non sia figlia del passato, ma frutto di un contesto economico –politico -sociale che caratterizza il nostro tempo. Voglio dire che la mafia si è adattata alla nostra democrazia, e cambia con il cambiare delle leggi e dell'organizzazione politica. E' un fenomeno che può essere combattuto e vinto soltanto dalla forza morale ispirata ad un modo di vivere solidale. I campanelli d'allarme li devono suonare i singoli cittadini quando constatano comportamenti indecenti e inaccettabili. Questi cittadini dovrebbero immediatamente trovare la solidarietà di molti altri e fare il vuoto attorno ai personaggi malsani.
Questo modo di fare cozza contro “l'interesse personale”. Chi prende posizioni contro personaggi scorretti spesso viene isolato lui, non la persona disonesta!La nostra democrazia, basata sul voto, incentiva questo sistema. Pur di avere il voto si passa sopra a disonestà efferate, sostenendo che quando si sarà al potere si farà giustizia, ma se il potere ha queste basi la giustizia non potrà mai venire.
Un piccolo esempio da amministratore locale: quando fui eletto consigliere comunale furono pochissimi coloro che mi chiesero di impegnarmi per il “bene comune”, molti quelli che mi indicarono un loro specifico obiettivo e spesso di loro interesse. E' quasi naturale che per il voto dato ci si attenda una restituzione “ad personam ”. Questo è l'aspetto mafioso che mi pare emerga dal comportamento di molti cittadini ed anch'io a volte devo fare un attento esame di coscienza. Se ho un problema vorrei risolverlo velocemente ed allora cerco un “amico” potente che mi dia una mano, Non importa se scavalco altri, se provoco danni anche sociali. Il denaro in questo “gioco” ha una parte determinante e condiziona ogni cosa.
E' difficile stabilire se si è vittime od oppositori del fenomeno mafioso. E' un esame di coscienza sistematico che ti deve portare a favorire l'interesse generale a discapito di quello personale.
Roberto di Vimercate – Nella mia vita quotidiana non ho avuto alcuna esperienza diretta del fenomeno mafioso:la mia conoscenza del fenomeno è solo quella mediata attraverso la stampa,la TV o i libri. La conoscenza indiretta è stata troppo astratta e sfumata per generare reazioni. O per giustificare un mio intervento in merito.
Pensandomi psicologicamente indifeso e incapace di reagire ad uno stato di cose non vissuto,ma temuto,ho pensato anni fa,all’indomani della lettura dei libri di Saviano ,di dare una risposta “delegata” alla necessità di reagire al fenomeno. Ho deciso di appoggiare concretamente una esperienza post-mafiosa molto intensa,operosa e concreta come quella di “Libera”,realtà a cui sono stato avvicinato come consulente nella realtà delle Cooperative Sociali. Area in cui l’esperienza di “Libera” e dei suoi ispiratori si è operativamente ed organizzativamente orientata.
In quelle campagne di “Legalità” ho deciso di fare scelte molto “operative” e di tipo esterno;non personali ma delegate:dal gennaio 2011 sono diventato “consumatore” di pasta e vino rosso della cooperativa Libera. Lasciando a quelle persone,di cui alcune conosciute personalmente,il gravoso compito di testimoniare giorno per giorno,con la coltivazione delle terre confiscate alla “mafia”, e con la trasformazione e commercializzazione dei relativi prodotti agricoli. In un clima di intimidazione e di supporto/disaccordo dell’ambiente sociale in cui quelle esperienze si svolgono. Non ho avuto il coraggio,o l’opportunità,di azioni più coinvolgenti.Mi è bastato cercarne i prodotti ai supermercati della Coop o presso le Botteghe Solidali (BottegaSolidale.com) o presso i gruppi di acquisto solidale(G.A.S.)
Mafia quotidiana
quando la famiglia conta più del merito
La mafia a mio parere è solo la punta dell’iceberg di una cultura tutta italiana,
dove la struttura della parentela ancora prevale su quella della cittadinanza.
Se,per trovare un lavoro è necessaria una raccomandazione,
se per un avanzamento in carriera bisogna dare qualcosa in cambio,
magari anche solo la sottomissione e l’acquiescenza,
se per vincere un concorso universitario o un primariato in ospedale occorre avere un padrino,
se un politico che vince le elezioni comunali,provinciali,regionali,sceglie gli uomini a cui affidare gli incarichi
in base alla loro appartenenza,
se la meritocrazia in Italia è una parola vuota,per cui i migliori sono costretti ad andare all’estero,
se questo è il tessuto sociale di noi italiani,
tanto al Sud quanto al Nord,
pensare di estirparla senza aver prima modificato questo tessuto sociale che ci caratterizza
è un’impresa impossibile.
La parola”famiglia”,come suole chiamarsi l’associazione mafiosa,riproduce esattamente
quella struttura della parentela dove si privilegiano
i figli,i nipoti e i conoscenti ai meritevoli.
E così il Paese degrada non solo perché la mafia in senso proprio crea un’economia illegale e violenta
che fa concorrenza a quella legale,
ma perché,e forse soprattutto,non sono le persone più meritevoli e capa
quelle che ricoprono posizioni di potere,
ma parenti,amici e conoscenti.
(Umberto Galimberti, su Repubblica dell’8/12/2012)
Anna Rita di Genova- . Spero tanto di compiere se non veri atti di giustizia almeno di opposizione alle ingiustizie. Cerco di resistere al male. Sui criminosi avvenimenti che si susseguono non manco di riflettere, di parlarne e di confrontarmi. Non mi riconosco né vittima paurosa né ignara. Mi turba il sentirmi corresponsabile in qualche modo.
Nel gran parlare della corruzione del potere privato, politico e amministrativo si evita di parlare della corruzione dei poteri di controllo. Si invocano leggi nuove, uomini forti, eppure molte nostre leggi sono buone, prevedono i rimedi ai mali. Ho seguito le vicende delle Cooperative sociali. Conosco bene la legge che le governa. Questi Enti sono sottoposti a controlli annuali sui bilanci e sulla gestione amministrativa. Allora come è stato possibile che le Cooperative siano degenerate in quel modo, se dovevano essere controllate? Si constata che la rete di connivenze è sempre più ampia e pericolosa, i suoi intrecci si potenziano e si infittiscono, ormai é una trappola che domina e rende tutti ricattabili.
Gianfranco di Martina Franca – Mi sento un costruttore di fraternità e di giustizia,anche se sono convinto di dover intraprendere,insieme alle persone e ai gruppi coi quali interagisco,percorsi più decisi ed efficaci di generatività e di promozione di una cittadinanza attiva e solidale. Cerco comunque di educare con fermezza le persone che incontro,incoraggiandole ad essere più coraggiose e limpide nei loro comportamenti e nelle loro scelte,anche a costo di mettere a rischio antichi legami.
So che occorre pazienza e perseveranza. Trovo un grande aiuto in coloro che mi danno l’esempio.
Dora- Leggo su La Stampa del 18 gennaio u.s. che l’UNESCO ha dichiarato il 2015 Anno della luce. Non credo si tratti soltanto di quegli impulsi di luce,imprigionati in sottili fili di vetro che corrono a 200.000 km al secondo per migliaia di km nella ragnatela di fili che chiamiamo INTERNET,impulsi che corrispondono ai due segni dell’alfabeto digitale e trasmettono,parole,immagini e suoni ….
Spero sia anche l’anno della luce che risveglia la coscienza nel riconoscimento della sua dignità, dignità di ogni uomo. Luce della coscienza che si nutre di Verità,e apprezza le parole profetiche di Papa Francesco:” Dove c’è falsità non può esservi lo Spirito di Dio”,alludendo proprio alle mafie. Forza della coscienza che non si piega agli idoli del potere o del denaro,”potere insanguinato”.”La ‘ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del Bene Comune. Questo male va combattuto,va allontanato,bisogna dirgli di no”. Luce della coscienza che fuga le ombre del male e rende trasparente anche il potere,perché lo piega al servizio.