STOP parliamone - Il blog di Dora Ciotta


29- L'integrazione possibile[altre sezioni]

 

n.29 –  L’integrazione possibile

Dall’articolo di Carlo Macrì  col titolo:”La storia di Domenico Lucano e della sua Riace”-(Corriere della sera,24/7/2017)-

 

Nel paese dei Bronzi dove i migranti sono ospitati nelle case lasciate vuote dai migranti,la solidarietà è un sentimento che tiene unita una comunità multietnica. Quella di Riace,borgo dell’accoglienza e dell’integrazione,minuscolo comune della Locride,una parte arroccata sulla collina,l’altra adagiata sullo Ionio.  Il sindaco è un condottiero,si chiama Domenico Lucano e,proprio per aver ideato il modello Riace nel 2016, è stato inserito nella rivista Fortune,tra i 50 uomini più influenti del mondo. A Riace convivono un arcobaleno di identità venute dal mare,per ritrovare la loro dignità.

 “Tutto il mondo è paese” non è uno slogan,ma il titolo della fiction della Rai,prodotta da Roberto Sessa per Picomedia, con la regia di Giulio Manfredonia,dove si racconta la storia del sindaco Lucano,una storia vera interpretata da Beppe Fiorello … che torna in televisione per narrare i temi dell’immigrazione.”Fare questo film è certamente un modo di fare politica -ammette- in maniera ispirata però,senza infingimenti”.

E’ quello che si propone di fare Eleonora Andreatta,direttore di Rai Fiction,con questa nuova produzione:”Pensiamo che i valori siano ancora molto forti nel nostro Paese,e,per questo, abbiamo deciso di promuovere queste storie che parlano di solidarietà”. Fiorello non ha dubbi:”Mimmo Lucano –dice -è per me  un esempio da seguire”.Il sindaco di Riace è un uomo schivo:pur sapendo che avrebbe rischiato di mandare a rotoli il suo matrimonio e il rapporto coi figli,ha scelto di restare a Riace e proseguire nella sua opera di solidarietà e di integrazione. Oggi Lucano vive da solo. La sua famiglia l’ha abbandonato,lasciando Riace per altri lidi …

“Tutto il mondo è paese” propone la vita quotidiana di una comunità che si è aperta agli altri …”All’inizio Lucano mi aveva messo in soggezione- mi dice Fiorello - E’ un tipo chiuso,ermetico. Non ha nessuna contaminazione politica. Fa tutto alla luce del sole con una semplicità estrema”. Molti si interrogano su che cosa ne sarà di questa comunità ,crocevia di etnie e popoli ,alla fine del suo mandato di sindaco.   Beppe Fiorello lo spiega raccontando la sua storia:”Chiunque sarà il nuovo sindaco non potrà cancellare quello che è stato fatto qui.”

 

Dora- Nel proporre alla nostra conversazione n.29 a distanza,e quindi in chiave più meditata,il tema bollentissimo dell’integrazione oltre che dell’accoglienza dei profughi e dei disperati che riescono a sbarcare vivi  sulle spiagge del nostro sud,voglio suggerire due domande:

1-Perché è tanto difficile operare integrazione,e non solo accoglienza ?Analizziamo insieme le vere ragioni e valutiamone il superamento pratico.

2- Abbiamo esperienze concrete,realizzate oppure osservate in prima persona,anche se piccole,da comunicare?

 

 

Accogliere non basta. La vera accoglienza genera integrazione.

 

La compassione non può limitarsi alla pura compassione. Io devo assumere dentro di me il volto dell’altro che soffre:questo vuol dire compatire. Non posso veramente compatire se non mi sforzo di comprendere la passione dell’altro. Quando compatisco comprendo in me quella passione e devo cominciare a capirla,a patire con essa perché l’ho compresa.

Si tratta dunque di sviluppare il senso della compassione come intelligenza dell’altrui sofferenza. Entra in gioco una dimensione di amor intellectualis,non soltanto di puro e immediato amore. Non credo in una solidarietà immediatistica,ma in una solidarietà intelligente.

Questa intelligenza non può però restare inerte,perché ciò che comprendo quando sono di fronte all’altro che soffre chiama all’azione. Questa intelligenza deve essere pratica,così come emerge prepotentemente nell’espressione evangelica:”Dovete essere facitori di pace”-Una simile logica ci porta ben al di là della   pseudosolidarietà cui il mondo occidentale è abituato.”

( M. Cacciari – dal libro:  Dialogo sulla solidarietà ,ed. Lavoro- 1995)

 

 Accogliere. Proteggere. Promuovere. Integrare.

Accogliere si traduce in altri verbi quali ampliare le vie legali e sicure d’ingresso,offrire una prima sistemazione adeguata e decorosa, assicurare a tutti la sicurezza personale e l’accesso ai servizi di base. Proteggere si specifica in offrire informazioni certe e certificate prima della partenza,difendere i diritti fondamentali dei migranti e rifugiati indipendentemente dal loro status migratorio e vegliare sui più venerabili,che sono i bambini e le bambine”.Promuovere significa essenzialmente garantire le condizioni per lo sviluppo umano integrale di tutti,migranti e autoctoni. E infine il verbo integrare si traduce in aprire gli spazi d’incontro interculturale,favorire l’arricchimento reciproco e percorsi di cittadinanza attiva”.(Papa Francesco nell’udienza ai direttori della pastorale per i migranti d’Europa -22 settembre 2017) 

 

Integrare non è facile,ma è possibile

 

Rosanna Sannino - Roma  -La difficoltà maggiore io la vedo nella scarsa conoscenza delle persone straniere e delle loro culture. Si può certo superare con iniziative che consentano  scambi di informazioni ed esperienze reciproche. Noto però che molti  italiani si arroccano in una forte diffidenza a confrontarsi con altre culture ,pensando così di proteggere la propria storia e identità. Con questi  presupposto di paura e di chiusura è praticamente impossibile creare sia accoglienza sia integrazione …

Qualcuno  addirittura arriva a sentir fastidio a vedere questi diseredati che arrivano qui a Roma,territorio di tante bellezze,goderle come fossero italiani … Altra cosa che si sente in giro e crea difficoltà è che questi immigrati vengano a rubar lavoro ai nostri giovani. In realtà,se si vuole essere veramente onesti e sinceri,ci son troppi lavori che i nostri non vogliono più fare:badanti,infermieri,panettieri,… senza contare che troppi sono pagati meno degli italiani e spesso sono addirittura sfruttati vergognosamente,come a raccogliere olive o pomodori  ..

Infine voglio sottolineare  che la paura verso questi profughi e migranti,troppo spesso è alimentata da una martellante propaganda di  tutti quei politici contrari al fenomeno dell’immigrazione.

 

Beppe Servegnini - “Un paese di 61 milioni d’abitanti (l’Italia) e un continente con mezzo miliardo di persone (l’Europa) non possono andare nel panico per 95 mila nuovi arrivi:tanti sono i migranti sbarcati in Italia tra il 1° gennaio e  il 1° agosto 2017,seguendo la rotta del Mediterraneo Centrale. Né si possono accettare situazioni come quelle che accadono a Ventimiglia:sono una provocazione francese,un’umiliazione italiana,una vergogna europea e un’offesa all’umanità”. (pg.16/23 di SETTE del Corriere della sera-10 agosto 2017)-)

 

Gianfranco Solinas –Martina Franca (TA)- Nel dilagare di un’economia mondiale dell’esclusione e della diseguaglianza, fondata sulla finanziamento dell’economia stessa, sull’indifferenza per il disastro ecologico e sulla riduzione delle politiche di Welfare, si registra un progressivo aumento delle famiglie in stato di povertà assoluta, cui si aggiunge l’ampia area dei nuovi poveri, di colpo precipitati da una condizione di benessere ad una di indigenza. Di qui il risentimento diffuso degli impoveriti verso i migranti e la loro integrazione, che ha innescato una guerra tra poveri. Tale risentimento, nel mondo occidentale e in Italia, viene poi manipolato da movimenti politici xenofobi che fondano su di esso il loro successo elettorale, come è appena accaduto anche in Germania.

Per progettare esperienze autentiche di integrazione dei migranti urge un grande impegno educativo per far fronte a quella “grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo”, come afferma il sociologo Gallino. Solo per questa strada potrà fondarsi una ritessitura di relazioni comunitarie di grande respiro. I cristiani sono chiamati a dare il loro contributo lottando per una Chiesa povera impegnata per la liberazione dei poveri.

Oltre l’esperienza di Riace, ho avuto notizia in Calabria del cammino di integrazione avviato a Sellia Marina (CZ), comune che accoglie 835 migranti, pari all’11% della popolazione residente. I giovani immigrati sono coinvolti in una serie di attività di integrazione, in un clima di rapporti distesi e spesso molto amichevoli con i volontari e con la popolazione. Un contributo notevole viene dalla parrocchia che favorisce incontri che aiutano la fraternizzazione tra immigrati e famiglie del luogo.

La stessa Arcidiocesi di Catanzaro – Squillace è molto attiva nel campo dell’accoglienza e dell’integrazione, tramite la Fondazione Città Solidale. In un recente incontro ecclesiale, è stato messo al centro il confronto sinergico tra tutte le istituzioni e le associazioni solidali del comune e della provincia, al fine di rafforzare l’esperienza di integrazione avviata. Significativo il progetto dell’Istituto comprensivo statale di Sellia Marina, in collaborazione con la cooperativa sociale “Albatros 1973”, volto a educare alle differenze, viste, anziché come un limite, come un valore aggiunto, un arricchimento per la crescita dei ragazzi e per una loro educazione interculturale.

 

Michela Bassi (prov.di Pavia)- Su questo tema dell’integrazione e della legge dello jus soli ci sono in giro molti pregiudizi e confusione e a volte anch’io mi son sentita allarmata. Non poche persone che conosco ripetono frasi come queste:”Portano malattie contagiose”,”Gli diamo 35 euro al giorno per non far niente”,”Son tutti musulmani e la nostra religione è in pericolo”,Ci rubano il lavoro,già ce n’è poco per noi”.

Ora finalmente ho trovato un libro scritto da 2 giornalisti,della Rai e del Sole 24 ore,che sanno rispondere a tanti dubbi e menzogne,portando dati,statistiche,mappe,oltre che ragionamenti onesti. Vi passo il titolo: Passaggi migranti di Chiara Largo Bifani e  di Stefano Natoli - ed. Castelvecchi – E’ proprio vero:solo girando la chiavetta della luce in una stanza si elimina la paura del buio. Hanno ragione i miei figli che a scuola hanno  amici immigrati.

 

Franco Foglino -Alba- Credo che l'integrazione sia sempre stato un processo difficile. L'uomo e anche la donna, si muovono per istinto di conservazione e l'approccio con il diverso, con la novità, è sempre destabilizzante. Mentre l'accoglienza si fonda sulla curiosità ed è per sua natura temporanea, l'integrazione ha come prospettiva la continuità : con chi ti resta accanto, dovrai condividere gioie e dolori, quotidianità e, soprattutto, risorse. Per integrarmi  devo conoscere l'altro, devo sapere cosa pensa, quali sono le sue abitudini, qual'é la sua tradizione, la sua cultura.L'integrazione richiede tempi lunghi.

Noi in Piemonte abbiamo avuto l'esperienza con gli immigrati dal sud Italia, meno diversi degli attuali immigrati, eppure i tempi furono lunghi ed oggi solo un residuo di malpensanti “leghisti” pretende di sostenere che i meridionali non siano italiani.

Purtroppo la migrazione in corso nel nostro tempo è molto più drammatica di quella degli anni 50' e 60' dal sud e chiede uno sforzo di accettazione molto più alto.

Sarebbe necessario un corso di formazione nazionale in cui si spiegano la cause per cui questa migrazione sta avvenendo (colonialismo, economie locali stravolte, depredazione delle materie prime locali per trasformarle in oggetti di consumo nel nord del mondo, ecc), ma, in democrazie che si rinnovano con il voto, nessuno ha il coraggio di affrontare temi così scomodi che chiedono di riconoscere le proprie colpe e fare spazio a chi, a causa del nostro benessere, sta morendo di fame e di guerra. Ancora una volta, (per la mia esperienza), si sente la pochezza delle grandi agenzie educative: le Chiese, le scuole di pensiero, i partiti politici, i sindacati. Grande silenzio per paura di perdere consenso.

Fanno eccezione: papa Francesco che interviene con gesti e con parole continui ed ,in una certa misura, la scuola pubblica ,dove, come in nessun altro luogo, i ragazzi si sentono “alla pari”.

Come in tante altre situazioni nulla cambia,  pur sapendo che, se non siamo capaci di rinunciare a qualcosa che riteniamo solo nostra per dividerla con gli altri, il problema non si risolverà automaticamente, ma si riproporrà purtroppo drammaticamente.

Non fosse altro che per non soffrire, è opportuno ricercare l'integrazione, avendo il coraggio di rinunciare a qualche privilegio pur di convivere con persone che non mancheranno di farci conoscere la bellezza dello stare insieme.

“Ci sono tante etnie e popoli diversi,ma tutte le etnie hanno la loro radice e il loro sviluppo nell’unica etnia umana,così come tutti i popoli si ritrovano all’interno del tessuto vivo e unitario dell’unica famiglia umana. Con una visione complessiva del fenomeno occorre guardare agli immigrati non sono come individui,più o meno bisognosi,o come categorie oggetti di giudizi negativi inappellabili,ma innanzitutto come persone,e dunque portatori di diritti e di doveri:diritti che esigono il nostro rispetto e doveri verso la nuova comunità da loro scelta, che devono essere responsabilmente da essi assunti”.( Card. Tettamanzi - dal libro: Non c’è futuro senza solidarietà- ed. S. Paolo,2009)

 

Rosanna Sannino - Roma - Ho insegnato per quarant’anni disegno e storia dell’arte in diversi Istituti scolastici di diverse città:Matera,Bari,Bologna,Roma, ed esperienze d’integrazione possibile ne ho viste molte. Alcune ne ho realizzato nelle mie classi,dove la presenza di studenti provenienti da diverse nazionalità e culture addirittura imponeva progetti specifici d’integrazione.

Ne ricordo volentieri soprattutto due,realizzati a Roma. Il primo nell’Istituto Stendhal:il progetto teatro. I testi furono scritti dagli allievi nella loro lingua d’origine,ma la versione corale fatta assieme ai docenti. Così i ragazzi riuscirono a esprimere meglio le loro emozioni  non solo con la lingua ma con il linguaggio non verbale peculiare della recitazione. Ricordo che fu un vero successo. Nessuno più si sentì escluso e tutti imparammo molto da quell’esperienza.

Il secondo progetto fu realizzato nell’Istituto A. Diaz per stilisti di moda,dirigendoci  insieme sia ai portatori di handicap sia ai normodotati. Ne riuscì una bellissima sfilata di moda che fu apprezzata da tutti.

 

Giorgio Campanini - ParmaConcordo pienamente sul fatto che altro è l’accoglienza e altro è l’integrazione. La seconda è condizionata,evidentemente dalla prima,ma non è la stessa cosa. Oltre tutto,nell’assistenza e nell’aiuto,si instaura fra le persone un rapporto asimmetrico perché inevitabilmente chi dà si pone su di un piano più elevato di chi riceve …

 L’integrazione è tuttavia possibile,ma a partire da due condizioni:in primo luogo il lavoro (un lavoro,ovviamente,degno dell’uomo e oggetto di tutti i diritti degli italiani) e in secondo luogo la lingua,che è un fondamentale strumento di dialogo e di reciproca comprensione(o,in caso contrario,di diffidenza e di estraniazione).Non porrei fra gli elementi-base dell’integrazione la religione (anche se spesso da essa derivano incomprensioni,diffidenze,paure …).Quando si lavora alla pari e ci si intende reciprocamente,le iniziali diffidenze,in generale,vengono meno.

Una felice occasione di integrazione-che io stesso ho sperimentato con un profugo somalo -è l’accoglienza nella propria casa,per un tempo sufficientemente lungo da consentire il dialogo e la reciproca comprensione. Questo tipo di incontri non è favorito né dai grandi agglomerati,dagli alberghi,dalle grandi concentrazioni e si instaura,invece,inevitabilmente nel diretto rapporto faccia a faccia. Il  Ministero dell’interno,promuovendo e per certi aspetti finanziando questa particolare accoglienza-quella appunto nelle famiglie- ha avuto una felice intuizione; ma sinora si tratta di un numero assai ridotto di persone,poco più di una goccia nel mare.

Occorrerebbe che queste esperienze di accoglienza diretta nelle case,per un tempo sufficientemente lungo,si moltiplicassero. Visti “da vicino” coloro che sembrano lontani appaiono,come sono,uomini e donne come noi,con gli stessi problemi,gli stessi slanci,le stesse paure. Nel rapporto faccia a faccia le iniziali diversità vengono inevitabilmente superate nel dialogo e talora anche nell’amicizia.

 

L’integrazione è un viaggio da condividere

Ottocentomila minori sono nati in Italia ma non possono ancora considerarsi italiani con  relativi diritti e doveri. Integrare infatti

non significa far diventare l’altro come me,ma vedere cosa abbiamo in comune per camminare insieme.  “Condividiamo il viaggio”

è il titolo della campagna che Caritas Internationalis ha lanciato il 27 settembre da piazza S. Pietro. Così pure”Liberi di partire,liberi

di restare” è il titolo della campagna proposta dalla CEI su sviluppo e migrazione. Guardando la realtà,ragionando con calma,senza trincerarsi dietro la paura.

 

  Anna Maria Foglino - Alba- Era una domenica di più di vent'anni fa. Suonò il campanello, era un marocchino che chiedeva aiuto per trovare casa. Aveva trovato lavoro, ma da Torino, dove dormiva in un dormitorio pubblico, non riusciva a raggiungere in tempo l'azienda che lo aveva assunto. Che fare? C'era un letto vuoto in casa nostra e decidemmo di ospitarlo. Fu quello il tempo della conoscenza reciproca. Dopo qualche mese iniziammo la ricerca dell'alloggio perché Mohammed aveva deciso di ricongiungere la famiglia: moglie e quattro figli. Arrivarono il giorno di Pasqua e fu festa!

Casa e lavoro. Altri due capisaldi indispensabili per l'integrazione.  In questa fase, in cui i nostri amici ancora non conoscevano bene l'italiano abbiamo sperimentato quanto sia importante la comunicazione non verbale fondata sul linguaggio dei gesti, dei sorrisi, della solidarietà.

I bambini iniziarono a frequentare le scuole primarie e furono un forte aggancio con la realtà del territorio, come lo fu il lavoro della moglie che assisteva un'anziana e tramite la famiglia di quest'ultima ebbe modo di stabilire contatti ed amicizie che durano ancora oggi.Il padre passò dal lavoro di muratore ad un lavoro agricolo e la famiglia si spostò in un paese nei dintorni di Alba. Anche questo cambiamento contribuì a creare nuovi contatti.

 Una delle figlie, particolarmente aperta e gioiosa entrò nel gruppo giovani della Pro Loco aiutando anche le altre due sorelle ad integrarsi, soprattutto la terza che nell'adolescenza aveva avuto un momento di disorientamento. Tutte e tre e, dopo qualche anno, anche il fratello, frequentarono la scuola superiore: oggi la più grande  lavora come infermiera professionale in Svizzera, la seconda con il diploma in ragioneria e una buona conoscenza dell'inglese (è stata per un anno a New York in una famiglia alla pari) lavora in un'azienda milanese, la terza si è laureata in ingegneria elettronica e sta facendo un master dimostrando intelligenza e grande apertura. Il ragazzo ha terminato la scuola superiore e sta cercando lavoro.

Quando penso ad una famiglia integrata mi viene subito in mente questa famiglia. I genitori si sono dimostrati persone fiduciose, aperte al nuovo. Il padre ha incontrato non poche difficoltà nell'ambiente di lavoro, il mondo contadino a volte è chiuso, ma lui non si è abbattuto, ha posto grande fiducia nei figli, ha creduto nella formazione scolastica e ha vissuto in buona armonia con la moglie, donna saggia e buona.

Dall'esempio di una famiglia integrata come questa il nostro Paese non potrà ricevere che grande umanità e sostegno  per migliorare la vita di tutti.

                                                                                        

Dora-  Dalla nostra  riflessione ,pacata e insieme appassionata, sempre legata alla realtà ambientale, risulta chiaro e utile che la vita di ogni uomo vada rispettata con quell’accoglienza vera, che non deve portare  allo sfruttamento e al rifiuto,ma all’integrazione, per un arricchimento reciproco. La giusta integrazione non è solo sostanziale esercizio di appartenenza alla nostra comunità umana e nazionale, ma anche cittadinanza giuridica che si acquista con un iter formale in Parlamento.

L’integrazione è  però un viaggio, come è stato detto, e questa immagine mi pare spieghi  bene la realtà di questo processo dinamico aperto che impegna insieme,non solo chi arriva ma chi accoglie,trasformando elasticamente l’identità culturale. E’ questo il modello,tipicamente italiano,particolarmente adatto a un ordinamento come il nostro, che del “diritto alla differenza” ,insito nei nostri principi costituzionali di uguaglianza e di ragionevolezza ,ha fatto uno dei suoi pilastri fin dall’inizio. Per realizzare questo modello educativo sono importantissimi tutti i luoghi della quotidianità dove s’incontrano a lungo le persone,dalle attività lavorative a quelle sportive,fondamentali soprattutto  la scuola e l’ospitalità.

La scuola,palestra irrinunciabile dell’educazione oltre che dell’istruzione, deve sempre meglio rafforzare il suo ruolo “civico”.E,a proposito,ho letto con interesse la notizia del convegno di studio che si è svolto nella sala Aldo Moro della Camera dei deputati sul tema:”Che cos’è la cittadinanza di domani. Educazione alla cittadinanza e alla parità”- E ,soprattutto, l’ospitalità nelle case,dove col lavoro di badanti in particolare,si realizza e sviluppa fino in fondo,nella prossimità ,quel “processo di contaminazione e di osmosi che garantisce una vera inclusione”.

Fede e cultura aprono all’integrazione, e le iniziative per educarci ,durante la nostra vita, non mancano ,anzi,si moltiplicano,anche perché ,come ho imparato dai miei primi anni : “Il coraggio è la paura che ha detto le preghiere”. Ne evidenzio alcune.

 

Iniziative originali in atto per l’integrazione

Torino –L’Archivio dei saperi  A cura dell’Ufficio pastorale Emigranti della diocesi,della Cooperativa sociale Progetto Tenda,con l’aiuto della Fondazione Crt  si è costituito un Portale digitale per raccogliere il patrimonio del “saper fare” professionale,spesso insospettabile dei nuovi cittadini,per integrarlo con la tradizione italiana. Il progetto,che è stato patrocinato dal Consiglio d’Europa e dal Network delle città italiane interculturali,ha avuto anche l’adesione della Camera di Commercio di Torino.

 

Milano - La badante di condominio- E’ una persona che stipula il contratto con l’amministratore dello stabile e si prende cura delle famiglie o dei singoli per  servizi di prima necessità. I costi sono abbattuti e la solitudine sconfitta,per una ragione molto semplice: chi ha bisogno,in caso di emergenza,sa che può trovare  la badante, vicina,nel palazzo. A Milano  la sperimentazione è coperta economicamente dal Comune, che attualmente impiega 15 assistenti familiari:8 sudamericane,2 rumene,1 senegalese e 2 italiane,negli otto quartieri di edilizia popolare. Nella prossima primavera il servizio potrà essere esteso a pagamento anche nei condomini privati che ne faranno richiesta. Dopo Milano,anche Genova,Torino e Trieste stanno introducendo questa preziosa iniziativa.

 

 

Talsano (Ta)- Un gol per l’integrazione- Alcuni ragazzi africani,( Mali,Zambia,Senegal e Costa d’Avorio),richiedenti asilo e sottoposti a protezione umanitaria,con l’aiuto delle associazioni di volontariato di Taranto,si sono spesso ritrovati in un campo sterrato e polveroso vicino alla pineta Batteria Cattaneo,nei pressi di Talsano ,a rincorrere un pallone. Li ha notati un anno fa l’allenatore Diego Lecce,che,con grande impegno e perseveranza,col sostegno della Spi CIGL Puglia,è riuscito a  metterli insieme in una squadra la “Talsano Africa United”,che ha partecipato al Campionato Juniores vincendolo con merito. Intervistato Diego Lecce ha detto:”La vera vittoria è aver dato a questi ragazzi la possibilità di sentirsi parte integrante della società,attraverso lo sport,il dialogo e la partecipazione”.

 

Milano-  Portale “Open homes”-  E’ un servizio per l’accoglienza diffusa,provvisoria,gratuita nelle case ,iniziativa recentemente lanciata a Milano -come prima sperimentazione- dalla Community internazionale Airbnb,che ha in progetto di dare accoglienza a 100mila rifugiati in tutto il mondo. In poche ore a raccolto a Milano la disponibilità di un centinaio di case e  6 mila a livello globale. Bastano pochi clic per registrarsi al Portale.

 Joe Gebbia,cofondatore di Airbnb, non esita a dire:”E’ facile sentirsi impotenti di fronte alle grandi sfide globali come quella dei rifugiati. Ma ci sono azioni che chiunque tra noi può fare e che possono fare la differenza:il semplice atto di aprire la propria casa per poche notti può cambiare la vita a una persona che ha dovuto lasciarsi tutto alle spalle”.

 

Rozzano(MI)-Profughi ortolani- I rifugiati politici e i richiedenti asilo ospitati nella Casa di Betania,hanno ricevuto dal Comune 3 orti urbani da lavorare e ,già dopo un anno,girano ogni mattina con le ceste per le case popolari per offrire gratuitamente le verdure a chi ha più bisogno.

 

Varese - “Rete civica di sindaci per l’accoglienza”- Per coniugare il bene dei migranti e,insieme,delle comunità locali,12 sindaci dei Comuni del Varesotto si mettono insieme per promuovere “buone pratiche” ,e cioè corsi di lingua italiana,orientamento al territorio,assistenza legale,ma anche impegno nel Volontariato. E’ la prima iniziativa  del genere in Italia ed è molto utile,non solo per accogliere dignitosamente i profughi,ma per dire “no” a quanti s’improvvisano “enti gestori dell’ospitalità”.

 

 

 

 

 

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